Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

I segnali che raccontano un tempo che non c'è più


Lamiera che viene rottamata per dare spazio alla modernità, con la sua grafica sottile nelle stesso più grezza rispetto a quell'eleganza e rotondità che caratterizzava i segnali di un tempo. Come quello che ti indicava all'altezza della cava che si divora il Carso, nota come cava di Doberdò, la svolta verso Gorizia o Trieste. Ha attraversato tutto il dopoguerra ed è stato rottamato oggi nel 2018. L'unico elemento positivo è stata l'aggiunta del bilinguismo, ora si leggerà Trieste e Trst, Gorizia e Gorica. Storia che viene rottamata come il cartello storico di cui si è persa traccia che avvisava i passanti nei pressi delle zone di confine di non fotografare verso di là, come si suol ancora oggi dire, quel là che oggi è in Europa come il qui. O la fermata delle autocorriere di Ronchi, un cartello che continua a sopravvivere non si sa ancora per quanto tempo, conquistato dalla ruggine che ne divora forma e sostanza, chissà quante passioni, dolori, emozioni e vicissitudini avrà conosciuto in quella fermata verso Gorizia. Mentre nei pressi di Villa Vicentina ancora oggi è visibile il cartello che ti indica la presenza di carri armati in una zona che è stata per decenni altamente militarizzata. Un segnale rotondo, dalla grafica leggera quasi da fumetto, segnali che raccontano un tempo che non c'è più, qualcuno ancora oggi resiste, qualcuno viene semplicemente rottamato e spazzato via per sempre dalla memoria e dalla storia.

Marco Barone

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