La celebrazione del fascismo della passeggiata di Ronchi di D'Annunzio e l'occupazione di Fiume

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Mio caro compagno, Il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Ancora una volta lo spirito domerà la carne miserabile. Riassumete l'articolo !! che pubblicherà la Gazzetta del Popolo e date intera la fine . E sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio Non sarà stato forse un fascista dichiarato, D'Annunzio, certo è che non fu mai antifascista, era lui che aspirava a diventare il duce d'Italia e la prima cosa che fece, all'atto della partenza da Ronchi per andare ad occupare Fiume, fu quella di scrivere a Mussolini, per ottenere il suo sostegno. Perchè D'Annunzio ne aveva bisogno. Il fascismo fu grato a D'Annunzio, per il suo operato,  tanto che si adoperò anche per il restauro e la sistemazione della casa dove nacque D'Annunzio e morì la madre. E alla notizia della morte, avvenuta il 1 marzo del 193

Fatti i cazzi tuoi, ca campi cent'anni, mai detto più sincero ci fu nell'Italia di ieri e di oggi speriamo non di domani




Altro che un bel tacer non fu mai scritto» o «il bel tacer non fu mai scritto, Fatti i cazzi tuoi, ca campi cent'anni. Questo è il vero motto dell'Italia di ieri, di oggi e si spera non del domani. Non vedo, non sento, non parlo,  un detto che rappresenta tre scimmie, le tre scimmie sacre anche se poi in realtà sarebbero quattro ed hanno anche dei nomi. Si racconta di "Mizaru", “scimmia che non vede”, "Kikazaru", “scimmia che non sente il male” e "Iwazaru", “scimmia che non parla del male”, "Shizaru" la quarta scimmia, quella non sempre presente che a detta di molti simboleggia il principio del “non compiere il male”ì e viene  raffigurata con le mani incrociate verso il basso. L'Italia per la sua cultura è da tempo millenario,ancor prima della nascita dell'Italia politica, caratterizzata dal motto tutto nostrano che nella sua semplicità e banalità è di una profondità unica e poeticità volgare notevole. Quel fatti i cazzi tuoi, ca campi cent'anni non conosce eguali e non potrà mai conoscerli. Perchè effettivamente rappresentativo della mentalità dell'italiano medio. Abbiamo attraversato due Repubbliche con questo motto e ne attraverseremo altre, ponti verso una via che alla fine dei conti farà pagare i conti in modo salato anche a chi pensa di non voler vedere, sentire e parlare e incrociare le braccia nell'immobilità esistenziale aspettando che gli eventi passino. Ci crediamo a volte come la Chiesa, che esiste da secoli, che ha attraversato guerre e disastri ed è sempre sopravvissuta. Passeranno le epoche, cadranno gli Imperi, cadranno i Regni, spariranno re e regine ma ci sarà sempre un Papa. Chi tace soggiace alla volontà del loquace, | si beve cazzate come la guerra di pace cantava Caparezza e queste cazzate ci stanno sommergendo e ciò lo vediamo ogni giorno nella nostra quotidianità cosa significa. Un Paese tramortito, e più povero, e la povertà e la miseria non si nasconde più, non c'è decoro che tenga, ordine che tenga.

Da Torino a Palermo una sola costante, un solo Paese, questa volta sì unito, che a furia di perdersi nella retorica delle sfumature delle mille potenzialità garibaldine e non e sprecate, e nella vanità della bellezza di chi racconta le imprese dei padri dell'arte che hanno donato all'Italia meraviglie ed incanti, siamo diventati così piccoli, così insignificanti, che neanche più le olive, le arance ed i pomodori del tuo Paese trovi sulla tua tavola. Un Paese che non si riconosce più a tavola, che Paese è? 
Da conquistatore del mondo a preda dell'invasione di una globalizzazione selvaggia che ha trovato la strada spianata grazie a quel fatti i cazzi tuoi, ca campi cent'anni.

Marco Barone 


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