Via Sant'Ambrogio una via alla ricerca della sua identità

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Un tempo via del Duomo, o del Teatro, oggi via Sant'Ambrogio che porta lo stesso nome del duomo consacrato dopo i disastri della prima guerra mondiale nell'ottobre del 1929, pur senza il campanile che dovette attendere la fine degli anni '50 per essere battezzato. Una via che nel corso della sua storia è sempre stata da transito di merce e persone e che è diventata negli ultimi tempi il teatro dello scontro identitario di una Monfalcone alla ricerca del proprio equilibrio sociale. Perchè è evidente che a Monfalcone, terra di passaggio, da quando è diventata grazie ai Cosulich città dei cantieri, per questo contesa dal regno d'Italia all'Austria, per privarla dei suoi cantieri insieme al porto triestino, ha conosciuto quelle dinamiche proprie delle città portuali. Gente che viene, gente che va. Approdo e partenza di nuove identità. Dal Sud Italia, all'Asia, passando da quel centinaio di nazionalità che a Monfalcone stanno cercando il proprio equilibrio, ognuna ne

L'Egitto a marzo si prepara a "conquistare" l'Italia con una campagna turistica. Boicottiamola

Come prima e più di prima. Strette di mano, sorrisi, affari, soldi. Visioni ed immagini di una società che continua a scorrere con la stessa densità e potenza di quel meraviglioso Nilo che ha ispirato leggende, miti, imprese epiche e devastazioni. Terra delle piramidi, di tanti misteri, terra di conquista per l'Italia, in rapporti, si dice, che durano da 2000 anni tra il nostro mondo e quello egiziano, dai tempi di Cesare e Cleopatra, si ripete. Che poi in quel Paese ci siano stati ragazzi rapiti, sequestrati, torturati, uccisi, a quel mondo radical chic benpensante di noi altri poco interessa. Che Giulio sia stato massacrato poco interessa. Si è entrati nel terzo anno da quel 25 gennaio 2016 al 3 febbraio 2016. E tra abbracci, sorrisi, e parole di rito, si pone l'altra società, quella che non si compromette, che non si arrende, e non si arrenderà mai, a partire dalla famiglia di Giulio. I messaggi continuano a dilagare e diffondersi in ogni angolo del pianeta e delle nostre città e nostri luoghi. Non c'è una sola città italiana dove non troverai un braccialetto, una bandiera, uno striscione, un giallo per la verità per Giulio. Senza quella verità, che è mancata in altre circostanze in questo Paese, come nel caso di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, un Paese che si è arreso alla comodità di un compromesso inaccettabile con la questione etica e morale che voglia mettere la dignità e la giustizia al primo posto, non ci sarà mai libertà, per nessuno. Perchè si vivrà in una finzione, una simulazione, legittimante altre barbarie, violenze disumane, atrocità. 
Nella logica, di quel torto inaccettabile, della "normalizzazione" dei rapporti, l'Egitto si appresta nel mese di marzo a conquistare l'Italia con una campagna turistica che inviterà a scoprire le bellezze di quel Paese con il quale tante aziende italiane, ivi incluse della stessa regione del Friuli Venezia Giulia, continuano a fare affari e curare i loro interessi. Libertà di coscienza e di consapevolezza, ma fino a quando non ci sarà la verità vera e non di comodo la via della normalizzazione va ostacolata e contrastata, a partire dalla questione turismo, che per l'Egitto è sempre stata vitale ed importante per tutelare e salvaguardare la propria immagine di un Paese "civile" e dove tutto va bene. 
Una normalizzazione che lede prima di tutto gli stessi egiziani vittime del regime che li governa.

Marco Barone

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