C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

Dopo il prima gli italiani, ci sarà il prima gli autoctoni. "Terroni" e non solo siete avvisati

Il movimento no global venne ridicolizzato su tutti i fronti quando denunciava quanto brutta e selvaggia e pericolosa fosse la globalizzazione economica, come sostenuta dall'Europa dell'austerità. Un conto è la globalizzazione che comporta la condivisione di conoscenze e diritti, per quel divenire cittadini del mondo, oggi più utopico che mai come concetto, un conto è sostenere la globalizzazione che fa trovare sulle tue tavole arance spagnole perchè lì costa meno la produzione, cioè il lavoratore, mentre quelle italiane finiscono al macero. La globalizzazione selvaggia ha comportato immigrazioni di manodopera "straniera" a basso costo, con la complicità di tutti i governanti  (ed anche di alcuni sindacati silenti) che si sono succeduti nel corso di questi decenni, dalla Legge Biagi/Maroni al Jobsact, perchè costavano poco, lavoravano in condizioni precarie e tutti hanno chiuso l'occhio sotto la scusante che l'italiano i pomodori a due euro all'ora, senza dimenticare che si deve pagare per lavorare in condizioni allucinanti, non li raccoglievano e qualcuno doveva pur raccoglierli questi benedetti pomodori. Dai pomodori ai cantieri o luoghi di lavoro più variegati il passaggio è stato breve. Oggi dire prima gli italiani significa che gli italiani che perdono il lavoro grazie anche alle multinazionali che fuggono dall'Italia, politicamente debole, internazionalmente inconsistente, dopo aver magari beneficiato di consistenti contributi pubblici che non ritorneranno più al territorio e fuggiranno lì dove tutto è ancora più conveniente, andranno a raccogliere i pomodori a due euro all'ora o lavorare in condizioni pessime. Questo è quello che è accaduto. Dei diritti non si parla più, quando il problema centrale è la questione dei diritti. E dopo il prima gli italiani, visto che la crisi continuerà in un Paese come il nostro stritolato da malaffare e corruzione e mafie, la logica del recinto più piccolo per sentirti più "protetto"vorrà prima gli autoctoni. Quindi, cari "terroni" che in passato avete conosciuto razzismi e che oggi magari sostenete istanze del prima gli italiani nell'ex isola felice del nordest,  e che magari scalpitate perchè i bengalesi, ad esempio, facciano le valigie per andar via da Monfalcone, dopo gli "stranieri" i prossimi ad essere colpiti sarete voi, o meglio noi visto che anche io sono un "terrone"emigrato al nord per scelta e anche necessità. Insomma si ritorna indietro ed in cattivo modo.

Marco Barone

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