Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

"Qua semo a Trieste e no se parla s'ciavo, qua se parla triestin e italian"


"Qua semo a Trieste e no se parla s'ciavo, qua se parla triestin e italian". Non mi sorprende la denuncia effettuata sul Piccolo di Trieste e pubblicata come lettera del giorno. Solo che questa volta chi ha subito tale aggressione verbale razzista ha avuto il coraggio di prendere carta e penna e scrivere e denunciare pubblicamente quanto accaduto. Diverse volte per i muri di Trieste sono apparse scritte che riportavano quel concetto bestiale e puntualmente e giustamente venivano rimosse. Ma non mi sorprende, perchè ciò in linea con i tempi. Tempi dove se un reato viene compiuto da un migrante viene percepito socialmente come più deprecabile rispetto a quello compiuto da un comune cittadino italiano. Tempi dove l'omofobia è una normalità, dove un Gay pride non può passare per ragioni di opportunità innanzi ad un Duomo, tempi dove qualcuno propone processioni riparatorie per sanare il peccato della marcia dell'amore del Gay pride.  Tempi dove ritornano i pregiudizi contro i meridionali, tempi dove gli stereotipi passando per la via dell'ironia si fanno sempre più spazio. Tempi dove il concetto improprio della memoria condivisa ha sdoganato storicamente le peggiori memorie revisionistiche dal punto di vista storico.  Tempi dove si continuano ad affermare concetti che vedono lo sloveno come una sorta di entità estranea e a volte totalmente estraneo al nucleo urbano cittadino di Trieste. Tempi dove realtà associative che hanno fatto della lotta contro il bilinguismo la loro ragione di esistere continuano in modo antistorico a trovare legittimazione istituzionale ed anche nelle nostre scuole. I tempi bui questo territorio li ha ben conosciuti, ha reagito ed i valori supremi di libertà, uguaglianza e fratellanza in un certo periodo storico hanno avuto la meglio. Ma ora si assiste ad una mera involuzione ed il razzismo dilaga e la diga dell'antirazzismo è sempre più fragile, argillosa.  Tempi dove l'ideale della democrazia ha rivelato tutte le sue contraddizioni ed oggi è ai minimi storici di effettività.  Ma chi professa questo odio, questa intolleranza, chi ha come dogma, consapevole o meno, il razzismo, deve sapere che è sempre stato dalla parte sbagliata della storia e che è sempre stato sconfitto e verrà sconfitto e non si rimarrà più in silenzio, perchè nulla deve essere sottovalutato ed ogni segnale di razzismo andrà denunciato, sempre, perchè il silenzio e l'indifferenza o l'omertà favoriscono questo squallore.

Marco Barone

Commenti

  1. Mi dispiace x voi ma tutto l,altipiano Triestino e nn è di origini Slovene,tutti gli anziani con i loro cognomi originali sonoSLOVENI,che vi vada bene o no,

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