Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Dopo la condanna di Karadžić è arrivata l'assoluzione per Vojislav Seselj. La grande Serbia progetto politico non criminale

La sentenza che riguardava Vojislav Seselj era attesa, ed ha creato, dalla parte serba, una certa preoccupazione, stante il fatto che l'attuale premier ha fatto parte anche del Partito Radicale Serbo di cui Seselj è stato presidente ed anche perché una eventuale condanna sarebbe stata letta come un nuovo attacco alla Serbia. 
Il Tribunale penale internazionale dell’Aja ha assolto Vojislav Seselj dall'accusa di crimini di guerra e contro l’umanità. Nel comunicato stampa del Tribunale si legge che "È stato accusato di aver commesso direttamente, aver incitato, aiutato e spalleggiato i crimini commessi dalle forze serbe nel periodo compreso tra agosto 1991 fino a settembre 1993, e di aver fatto parte della loro commissione con la sua partecipazione in un'impresa criminale congiunta (JCE)." L'accusa non è riuscita a dimostrare l'esistenza di un progetto criminale, un requisito legale alla JCE. (...)L'obiettivo era quello di perseguire la creazione della Grande Serbia ed era più un progetto politico che un progetto criminale. (...) è stato però riconosciuto che i crimini erano stati commessi dalle forze serbe ma che non erano intrinsecamente legate alla realizzazione dello scopo della Grande Serbia." In sede processuale è emerso che "il reclutamento dei volontari era un'attività legale regolata dalla Costituzione jugoslava e da altre leggi vigenti al momento. In ogni caso, la maggior parte, hanno concluso che i volontari, una volta reclutati e mandati al fronte, non erano sotto l'autorità di Vojislav Šešelj, ma piuttosto sotto il comando militare, secondo il principio di unicità del Comando incarnata nella disposizioni vigenti. La Procura ha inoltre sostenuto che Vojislav Šešelj ha commesso direttamente un certo numero di reati, in particolare denigrazione pubblica e diretta, nei discorsi che incitano all'odio della popolazione non-serba. Per alcuni di questi discorsi, per il Tribunale non si poteva escludere la possibilità ragionevole che venivano fatti in un contesto di conflitto ed erano stati pensati per aumentare il morale delle truppe del suo campo". Per quanto riguarda la deportazione dei croati, gli elementi emersi nel giudizio non erano idonei per definire una condanna e si escludono in tal modo l'esistenza di crimini contro l'umanità." Nel corso del processo, iniziato del novembre del 2007, sono stati analizzati 1400 documenti, sentiti 99 testimoni, e prodotto una sentenza di 100 pagine. Dalla sua istituzione, il Tribunale ha incriminato 161 persone per gravi violazioni del diritto umanitario commesse nel territorio della ex Jugoslavia tra il 1991 e il 2001. Sono attualmente in corso giudizi ancora per 11 imputati. Servirà questa sentenza a raffreddare, in Serbia, gli animi dopo la condanna di Karadžić? Dubbi sussistono specialmente per l'operato di un Tribunale che non ha processato i militari della NATO per i bombardamenti come accaduti nella Jugoslavia, ad esempio, e ciò mina sicuramente l'imparzialità e l'oggettività di tale organo che rischia di essere più politico che giuridico. 

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