C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

Non è con l'esposizione dei crocifissi nei luoghi pubblici che si contrasta il fondamentalismo

Dopo i drammatici fatti del 13 novembre in Europa si vive una versa psicosi del terrore, una deriva securitaria, incrementano atti e comportamenti razzisti, si affermano pseudo Stati di polizia, militarizzazioni diffuse, ritorno dei muri. 
Stato di paura, verrebbe da dire. I fondamentalismi religiosi sono stati sempre un male, si è ucciso e tanto,ad esempio, nel nome del cristianesimo, dalle crociate ai roghi, per arrivare all'ultimo folle gesto di Oslo. Dove colui che si definiva come anti-multiculturalista, anti-marxista, anti-islamista, e sionista, salvatore del Cristianesimo, e difensore della "razza norvegese", nel 2011 ha compiuto un massacro. Colpendo anche tanti giovani, radunati nel campus politico laburista. Quasi un centinaio di morti. E si uccide nel nome del fondamentalismo islamista od islamico. La religione deve essere un fatto privato, che non deve né minare né turbare né condizionare l'operato di un sistema pubblico, la gestione della cosa pubblica. La laicità deve essere l'unica guida chiamata a condurre l'operato di qualsiasi sistema pubblico. E la Francia è stata ferocemente colpita anche, e non solo ovviamente, per la sua storica tradizione di Stato Laico. 
Si apprende che in FVG “il Gruppo consiliare di Forza Italia, con primo firmatario Rodolfo Ziberna e con la sottoscrizione anche di Riccardo Riccardi, Roberto Novelli, Elio De Anna e Bruno Marini, ha depositato una mozione con cui intende impegnare la Giunta regionale a farsi parte attiva affinché le Istituzioni pubbliche del Friuli Venezia Giulia non solo non rimuovano, anzi, promuovano i simboli della nostra identità e cultura, tra i quali quelli della religione cristiana, come il Crocifisso, il Natale ed il presepe”. Il Gruppo ha depositato anche una legge voto con cui impegnare per il medesimo fine il Parlamento nazionale. Una provocazione che cade proprio male. Il presunto obbligo di esporre il crocifisso nelle aule risale ad un’epoca anteriore all’unità d’Italia. In effetti, ai sensi dell’articolo 140 del regio decreto n° 4336 del 15 settembre 1860 del Regno di Piemonte e Sardegna “ogni scuola dovrà senza difetto essere fornita (…) di un crocifisso”. Nel 1861, anno di nascita dello Stato italiano, lo Statuto del Regno di Piemonte e Sardegna divenne lo Statuto italiano. Enunciava che “la Religione Cattolica apostolica e Romana [era] la sola Religione dello Stato. Gli altri culti esistenti [erano] tollerati conformemente alle leggi”. La presa di Roma da parte dell’esercito italiano, il 20 settembre 1870, a seguito della quale Roma fu annessa e proclamata capitale del nuovo Regno d’Italia, provocò una crisi delle relazioni tra lo Stato e la Chiesa cattolica. Con la legge n° 214 del 13 maggio 1871, lo Stato italiano regolamentò unilateralmente le relazioni con la Chiesa ed accordò al Papa un certo numero di privilegi per lo svolgimento regolare dell’attività religiosa per poi arrivare all’avvento del fascismo, ove lo Stato adottò una serie di circolari che miravano a far rispettare l’obbligo di esporre il crocifisso nelle aule scolastiche. Disposizioni amministrative ancora in parte vigenti, nonostante la caduta del fascismo e l'avvento della Costituzione. E' interessante ricordare come nella Seduta del 17 dicembre 1924, nel fascismo, alla Camera, il Deputato Leonardi affermava che: “aver ricollocato il Crocifisso nelle aule scolastiche, aver incluso nei programmi delle scuole elementi di insegnamento catechistico, aver definito con un colpo netto le varie questioni dell'insegnamento religioso, per cui in Italia erano corsi fiumi di inchiostro e di parole in un cinquantennio di discussioni bizantine nel Parlamento nella stampa, nei giornali, nei Consigli comunali è una benemerenza del Governo fascista che non si può cancellare”. Oppure nella seduta del 29 maggio 1929: “il Fascismo è veramente benemerito della religione; il Fascismo appena divenuto Governo riportò il Crocifisso nelle scuole, ed è partendo da questo primo atto che siamo poi arrivati alla Conciliazione; perché la Conciliazione si era già prima compiuta nello spirito in quanto il Fascismo aveva tradotto in varie leggi dello Stato quelli che sono i precetti fondamentali della religione cattolica”. E di questo se ne deve assolutamente oggi tenere conto. E' vero che vi è stata parte della giurisprudenza che ha prodotto sentenze a dir poco stravaganti in materia legittimando la collocazione di quel simbolo religioso, eppure la Corte Europea dei diritti dell'Uomo nel 2009 riteneva che l’esposizione obbligatoria di un simbolo di una data confessione nell’esercizio della funzione pubblica relativamente a situazioni specifiche sottoposte al controllo governativo, in particolare nelle aule scolastiche, violi il diritto dei genitori di educare i loro figli secondo le loro convinzioni e il diritto dei bambini scolarizzati di credere o di non credere ma anche che questa misura comportava la violazione di questi diritti poiché le restrizioni sono incompatibili con il dovere che spetta allo Stato di rispettare la neutralità nell’esercizio della funzione pubblica, in particolare nel campo dell’istruzione. Poi questa sentenza venne incomprensibilmente ribaltata. Non è con i crocifissi esposti nei luoghi pubblici in uno Stato Laico che si contrastano derive fondamentaliste di qualsiasi genere esse siano, ma solo con la laicità ed il buon senso che dovrebbero essere il cuore della nostra democrazia. 

Marco Barone

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