C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

Una delle prime vittime del fascismo a Ronchi


Segni di antifascismo, a Ronchi, ve ne sono stati diversi durante il periodo di consolidamento del regime, ciò a significare come la comunità di Ronchi fosse stata sempre avversa al fascismo, ma la reazione, ovviamente, fu pesante e violenta. Per esempio nella cronaca nazionale del 24 aprile 1925, si legge che a Ronchi, veniva asportato l'emblema del fascio da una casa dove era collocato, i fascisti spararono all'impazzata di notte e rimase ferito un lavoratore a colpi di rivoltella, altri, invece, vennero picchiati in modo selvaggio a colpi di bastone. Oppure il 22 ottobre 1926, in relazione anche alla diffusione di volantini e manifesti apparsi sul territorio, e reputati come sovversivi, partì una vera e propria retata da parte della polizia fascista. Si denunciavano perquisizioni a tappeto da Selz a Ronchi centro, indiscriminate, diversi arresti vennero effettuati a casaccio, contro presunti sovversivi, senza avere ovviamente alcuna prova e venivano prelevati da casa o dalle campagne per essere poi rinchiusi nel carcere di Monfalcone. Confrontandomi con Elda Soranzio, la quale mi ha fatto visionare diversi suoi appunti importanti per la ricostruzione della memoria storica nostrana, appunti che cercherò di elaborare nel corso del tempo, Elda che è stata staffetta partigiana per l'intendenza Montes, nome di battaglia Lina, scelta condivisa insieme a Silvio Marcuzzi, e scelto perché Lina era il nome della compagna di un partigiano, tra le varie cose mi ha segnalato che la prima vittima del fascismo, a Ronchi, è stato Rusic ( o Rusig) Erminio. Un giovane comunista aggredito nel mese di aprile del 1925 e morì nel mese di ottobre del 1926 per le ferite riportate dall'aggressione squadrista fascista . Probabilmente, visto quanto riportato dalle notizie come prima citate, sarà stato forse uno di quelli aggrediti intorno al 24 aprile del 1925. Aggressione maturata tra il periodo che vide Ronchi, conferire la cittadinanza onoraria a Mussolini, revocata nel 2014 grazie al lavoro che abbiamo effettuato nella nostra cittadina, ed il cambio della denominazione in dei Legionari, come decretata il 2 novembre del 1925 con il Regio Decreto firmato da Rocco e pubblicato nella G.U n° 283 del 5 dicembre 1925. Aggredito sotto Ronchi di Monfalcone, e morto sotto Ronchi dei Legionari per mano del fascismo.

Marco Barone

Segnalo quanto è stato inviato via mail al gruppo #ronchideipartigiani, ad integrazione del post di cui sopra, da parte di Fulvio Zorzenon del Partito comunista dei lavoratori – Nucleo territoriale isontino


(L’aggressione al comunista Erminio Rusig, prima vittima del fascismo a Ronchi, avvenne prima dello strappo dello stemma del fascio appeso in via Roma. Ecco la testimonianza di Giacomo Mininel riportata da Silvano Bacicchi nel capitolo “Per abbattere il fascismo e conquistare la democrazia” (pagg. 44-45) inserito nella pubblicazione “Dagli anni ’20 verso il 2000 - Un impegno di progresso” edita dal Coordinamento comunale di Ronchi del PCI nel 1986. Le frasi nelle parentesi quadre sono mie.
“Giacomo Mininel ricorda che il 24 aprile 1925, la sera di un giorno di sabato, si trovarono con lui quattro compagni per andare a ballare a S.Piero. Ritornati a Ronchi, poco dopo la mezzanotte, si salutarono al bivio della Pesa. Ma il giorno successivo apprese che Erminio Rusig, nel rincasare, era stato aggredito, percosso e ferito ed era stato ricoverato in ospedale. Egli, infatti, era stato fermato da una squadraccia fascista armata di pistole e manganelli. Tentò di sfuggire all’aggressione, evidentemente premeditata, ma venne raggiunto, atterrato a colpi di manganello e quindi colpito da calci mentre era privo di sensi. Infine, fu colpito da un colpo di pistola che lo feriva gravemente al basso ventre. Diversi giorni più tardi, Mininel ritiene che fosse la domenica di Pentecoste, l’insegna riproducente lo stemma del fascio venne strappata dalla sede di via Roma, e gettata sul tetto di un’edificio antistante, nei pressi dell’attuale sala Excelsior [oggi non più esistente, ndr]. L’atto fu opera di un gruppo di giovani antifascisti e, secondo Severino Deiuri, l’emblema fu strappato da Elio Tamburini. Per questo fatto, su indicazione del fascista Colasanti, furono arrestati diversi antifascisti che frequentavano il vicino Caffè Progresso [sito in via Roma ma oggi non più esistente, ndr] ritrovo abituale di molti di loro. Tra gli arrestati c’erano anche Severino Deiuri, Lino Tambarin, Massimiliano Trevisan e Adamo Trevisan. Furono ammanettati e condotti nelle carceri di Monfalcone, dove si sentirono accusare di tentato omicidio nei confronti di del loro compagno Ermino Rusig. Era tanto evidente che si trattava di una montatura fascista che l’accusa non resse all’evidenza e i quattro furono rilasciati (….) L’arresto costò però a chi di loro era occupato al cantiere [si tratta dei CRDA, ndr] il licenziamento. Mai nessuna indagine fu fatta per assicurare alla giustizia i responsabili dell’aggressione che ebbe conseguenze tanto gravi da condurre in breve tempo a morte la prima vittima antifascista ronchese. Come ricorda ancora Mininel era il 25 oottobre 1926 quando il compagno Erminio Rusig morì a causa delle ferite e delle percosse infertegli dai fascisti e dalle quali non si era più ripreso. Al suo funerale, oltre alle ghirlande dei familiari e parenti, spicca la ghirlanda dei compagni «al caro Erminio». Il corteo si forma in piazza a Vermegliano e procede per tutto il viale passando per piazza Oberdan sulla quale sosta parecchia gente. Tra di essi anche il commissario prefettizio di Ronchi, avvocato Parlati, che lascia trasparire commozione a quella vista. La bara era portata a spalla da giovani: nessuno superava i trenta anni. L’indomani il famigerato Colasanti tentava ancora di violare la fossa dove era sepolto Rusig con il pretesto che c’erano garofani rossi, ma fu impedito a farlo dal commissario Parlati.”)

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