Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Grande Guerra: Il monumento ai due siciliani sul carso di Ronchi, la morte mutata in eroismo

Sulle prime alture sopra Selz, a pochi passi da dove nel '43 nascerà il primo nucleo di resistenza armata contro il  nazifascismo nel nostro territorio, la Brigata Proletaria, nel silenzio interrotto di rado da qualche schiaffo di Bora o Scirocco, pare di attraversare una pianura arida ed affascinante della Sicilia. E poi, tra qualche palo divorato dalla ruggine, e pali senza bandiere, incisioni sulla dura pietra ricordano la morte di due soldati siciliani trasformati in eroi. Tanti meridionali vennero strappati dalle loro terre per andare a conquistare città e luoghi di cui non conoscevano neanche l'esistenza, alcuni lo fecero con convinzione, pensando "viva l'Italia" invocando la morte, pur senza sapere cosa significasse morire maciullati sotto spesso la guida criminale di capi ancora oggi onorati, altri, la maggioranza perché semplicemente costretti ed il rifiuto alla costrizione spesso punito con la vigliacca fucilazione.
In alto la triscele, ovvero la trinacria, il simbolo della Sicilia.

Poi un verso, in stile dannunziano, ma pare essere stato scritto da Enzo Geraci il 15 settembre del 1915, un mese prima della sua morte. “Quando si combatterà attorno le mura di Trieste ogni più umile fantaccino d'Italia diventerà un eroe combatterà solo col cuore e solo guida sarà l'entusiasmo”.


Pare che Geraci fosse anche un giocatore di calcio, della Garibaldi, da cui poi deriverà il Messina Calcio. Questa la motivazione dell'onorificenza a lui riconosciuta: Sottotenente di Fanteria 76° reggimento, la compagnia del 1° battaglione luogo di nascita: Messina “In un’azione di avanzata generale, sotto l’imperversare del fuoco di artiglieria e fanteria avversarie, condusse con grandissimo slancio il proprio plotone alle trincee nemiche, precedendo sempre ed animando i suoi, fulgido esempio di valore fino a quando, raggiunto il reticolato nemico, vi si gettò primo arditamente, svellendone egli stesso, con le mani, i paletti e trovandovi, insieme con numerosi suoi soldati, morte gloriosa. Cave di Selz, 21 ottobre 1915”

E poi l'altro soldato, Giovanni Guccione, nato a Gela, anche se in verità nacque a Terranova di Sicilia, che diventerà Gela solo nel 1927 circa sotto il fascismo. Anche lui premiato: Sottotenente di cpl. 76° reggimento della brigata "Napoli" luogo di nascita: Gela “Con eroico impeto e foga trascinatrice, alla testa del suo plotone, raggiunse un reticolato nemico, e vi si internò svellendone egli stesso i paletti e trovandovi, nella sosta obbligata, che lo espose a violentissime raffiche di fuoco, onorata e gloriosa morte. Cave di Selz, 21 ottobre 1915”
Poi il simbolo del Comune di Trieste e quello dell'Anca.


A quota 66 sulle alture di Selz, esempi di come la morte e la conduzione alla morte divennero atto di eroismo in quella sventura disumana, in quella immensa macelleria umana, quale la grande guerra, per quel maledetto nazionalismo che solo morte e tragedie e violenze ha diffuso. A quota 66 un monumento solitario ed isolato in un territorio che per secoli ha fatto parte dell'Impero Austroungarico le cui radici non potranno essere mai spezzate da nessun atto di eroismo emulato, costruito ed imposto.Anche perché spesso, all'atto "eroico", non vi era alternativa se non quella della fucilazione per mano del proprio esercito. 


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