Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Anche il Comune di Ronchi chiede la riabilitazione dei fucilati di Cercivento e non solo

Il 18 marzo 2015 la Giunta del Comune di Ronchi all'unanimità di voti espressi in forma palese ha deciso di sostenere la richiesta di riabilitazione dei fucilati di Cercivento e di chiedere anche che sia adottato un provvedimento di clemenza a carattere generale, a favore di tutti i condannati a morte del Primo conflitto mondiale. Alla Presidenza della Repubblica, da parte di diversi Sindaci del Friuli Venezia Giulia è stata inviata una esplicita richiesta affinché siano “riportati all'onore che si meritano i nomi dei fratelli martiri Silvio Gaetano Ortis da Paluzza , Basilio Matiz da Timau, Giovan Battista Coradazzi da Forni di Sopra, Angelo Massaro da Maniago”. Nel testo della delibera si legge che “il sostituto Procuratore di Padova Sergio Dini, ex pm militare, assieme ad altri colleghi, ha chiesto l’intervento del ministro della Difesa Roberta Pinotti; che la colpa dei quattro alpini fu quella di aver proposto un piano alternativo ai loro comandanti perché conoscevano rischi e possibilità del territorio che erano chiamati a difendere e, probabilmente, all'inizio della guerra avevano rifiutato, a loro rischio e pericolo, di arruolarsi con gli austriaci; che oltre all'ingiusta pena capitale, assegnata dopo un processo sommario, ai fucilati è toccata anche la damnatio memoriae, la condanna al disonore, un dolore doppio per le loro famiglie; che già nel 2010 era stata presentata da Lino Anziutti, Sindaco di Forni di Sopra, un’istanza per la riabilitazione dei quattro alpini e che ora un vasto schieramento trasversale di Enti Locali friulani ha redatto e sottoscritto un nuovo appello da presentare ai vertici dello Stato, che di seguito in parte si trascrive: “Signor Presidente, l’Italia ricorda in questi giorni, e lo farà ancora per quattro anni, il centenario della Prima Guerra mondiale, un olocausto europeo per il quale non è stata coniata definizione più efficace di quella pronunciata da Papa Benedetto XV: “Inutile strage”; che tra i milioni di vittime militari, un certo numero cadde perché passato per le armi, a volte dopo sentenze frettolose emesse dai tribunali militari, a volte “giustiziato” sul posto senza nessun tipo di processo. Giovani fucilati e condannati al disonore perché il Comando supremo era convinto che questi fossero gli esempi di cui l’Esercito Italiano aveva bisogno. Tre lustri fa, a Craonne, luogo di massacri e di diserzioni, il premier francese Lionel Jospin cancellò questa damnatio memoriae. Disse che alcuni uomini sfiniti dagli attacchi e consapevoli di essere inesorabilmente destinati al sacrificio, svincolando nel fangoimpastato di sangue e insieme in una disperazione senza speranza, avevano rifiutato di essere mandati al macello: “Questi soldati fucilati in qualità di esempio, nel nome di una disciplina il cui rigore è stato pari solo alla ferocia dei combattimenti, vengono oggi pienamente reintegrati nella memoria collettiva nazionale”; che da alcuni anni in Friuli varie persone, parti politiche e Amministrazioni, chiedono un gesto di clemenza postuma nei confronti dei quattro alpini del battaglione Monte Arvenis, fucilati a Cercivento perché la loro compagnia aveva controproposto a un assalto suicida alla cima del Cellon, che sovrasta il passo Monte Croce Carnico, un attacco notturno con il favore delle nebbie”.
Ma la Giunta di Ronchi, come anticipato, va anche oltre, chiede che l'istanza di riabilitazione “venga allargata a tutti i condannati dai tribunali militari per reati in qualche modo connessi con le “fucilazioni per l’esempio” e le decimazioni, sulla scorta di quanto fatto da Francia e Inghilterra e in ragione della mutata sensibilità nazionale nei confronti della guerra, come afferma l’articolo 11 della Costituzione così come recenti modifiche legislative che escludono per l’Italia la pena di morte anche in caso”, chiede che il citato ordine del giorno venga inviato “ a tutte le Amministrazioni comunali del Friuli Venezia Giulia affinché sollecitino un intervento di riabilitazione da parte del Presidente della Repubblica a favore di tutti i condannati a morte della Grande Guerra e quindi anche dei 4 alpini fucilati in maniera sommaria dalle Autorità militari italiane accusati di essere “recalcitranti e vigliacchi”.Si deve ricordare che  ad inizio 2015 sul sito della Camera è stata pubblicata una proposta di legge con la quale dopo cent'anni si vogliono restituire gli onori militari, tramite la riabilitazione, ai soldati italiani condannati a morte da parte dell'esercito italiano. Come già anticipato nell'intervento ove parlavo di tale proposta di legge, auspico che vengano ricordati anche i civili fucilati a partire da quelli di Villesse e che una simile sensibilità, come manifestata per i militari, possa altresì essere espressa anche nei confronti di chi militare non era ma che la fucilazione, per mano militare italiana,ha ingiustamente conosciuto, con riferimento ovviamente ai fatti della prima guerra mondiale.

Marco Barone


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