Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Se il bilinguismo a Trieste/Trst diventa uno scherzo di carnevale

Durante questo carnevale circolava in rete, nell'area di Trieste, una foto di un cartello stradale bilingue, con scritto in sostanza Comune di Trieste e Občina( in verità scritto in modo errato)Trst. Certo che se a Trieste per avere il bilinguismo si deve attendere il carnevale è veramente una cosa surreale. Eppure così è. Quando si affronta questo argomento per la non attuazione della legge 23 febbraio 2001 n° 38, che tra le varie cose prevede ad esempio nelle insegne degli uffici pubblici, nella carta ufficiale e, in genere, in tutte le insegne pubbliche, nonche' nei gonfaloni, per le indicazioni toponomastiche e per la segnaletica stradale l'uso dello sloveno e dell'italiano si adottano diverse motivazioni. Per esempio che i tempi non sono maturi, per esempio che è una questione ancora calda, che vi deve essere reciprocità, che è spreco di tempo e danaro. Tipiche giustificazioni finalizzate al non riconoscimento di un diritto che dovrebbe a Trieste così come accade in diversi comuni del FVG e nella provincia di Trieste essere semplicemente riconosciuto, applicato e non discusso. Tipiche giustificazioni che esistono e continuano ad affermarsi dallo scorso secolo. Nella seduta della assemblea Costituente del 27 giugno 1947, dopo la proposta come avanzata nella sottocommissione del 18 dicembre 1946 da parte di Fuschini, si iniziò ad introdurre nel dibattito la questione della specialità del Friuli Venezia Giulia. Per esempio, veniva presentato l'emendamento, da Pecorari, che voleva l'istituzione della Regione Giulio- Friulana e Zara, o chi come Tessitori, invece propose di modificare il detto emendamento semplicemente con Friuli-Venezia Giulia, chi voleva la Regione Friuli con Gorizia e comuni della provincia di Trieste che sarebbero rimasti all'Italia, rilevato che il tutto veniva discusso quando ancora il Trattato di Pace doveva essere ratificato. Trattato che verrà ratificato, su sollecitazione della DC, alle ore 19.00 circa del 31 luglio del 1947, dopo diversi giorni di discussioni, dibattiti, polemiche, preoccupazioni e perplessità, maturate in sede parlamentare con 262 voti favorevoli, 68 contrari e 80 astenuti e l'astensione sarà quella del Partito Comunista. Ma sarà solo con la risoluzione della questione di Trieste e la sua assegnazione all'Italia come avvenuta nel 26 ottobre del 1954 che si sbloccherà la situazione a favore della introduzione della Regione del F-VG oggi FVG e la specialità della Regione, come già lo riconoscevano i primi dibattiti emersi in tal senso, veniva ritenuta necessaria proprio per la particolarità storica e sociale e linguistica di questa difficile terra, per il friulano e lo sloveno in primo luogo senza dimenticare il tedesco. Dunque specialità correlata alla necessità di tutelare quelle che vengono definite minoranze linguistiche, che prima dell'avvento del Regno d'Italia certamente non erano in  buona parte di questi luoghi mica minoranze, ma anche correlata alla questione di Trieste. Ed infatti, sarà solo con la legge Costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 entrata in vigore il 16 febbraio del 1963 che si risolverà il tutto positivamente. Il binomio Regione a Statuto speciale, ergo tutela minoranze linguistiche e questione di Trieste vanno di pari passo, poiché trattasi di binomio indissolubile, ma nel paradosso di ciò sarà proprio la città di Trieste che non si adopererà, per motivi politici e storici anche se noti ma  prima  soprattutto oggi più accoglibili, affinché quanto difficilmente ottenuto con la legge del 2001 possa essere non un sogno, non una aspirazione ma un normalissimo diritto ed atto di civiltà. I tempi sono certamente maturi per la piena applicazione della legge 38 del 2001 anche a Trieste, ma non solo a Trieste, penso a Gorizia ad esempio, ciò perché continuare in tale specie di latitanza significa continuare a violare proprio il cuore e l'essenza della specialità del FVG. A tal proposito voglio riportare questo comunicato stampa del 2007 come apparso sul sito della Regione: "La specialità della nostra regione è dovuta soprattutto alla presenza di minoranze linguistiche in questa terra. La Costituzione italiana prevede la tutela delle minoranze, l'Unione Europea ha varato la Convenzione Quadro in base alla quale è nata la legge nazionale 482: ora serve una legge regionale per la puntuale attuazione dei principi di tutela sanciti da quella legge. Se motto dell'Unione Europea è 'Unità nella diversità', quello della nostra regione è 'armonia delle diversità'. Ed è ciò che intendiamo fare anche con queste leggi per friulano e sloveno". È questa la posizione della Regione sulla questione della lingua friulana, espressa oggi a Udine dal presidente della Regione, Riccardo Illy ”.  Insomma quello di leggere, ad esempio, appena entrati in città, un cartello con scritto benvenuti a Trieste/Trst , o semplicemente Trieste e Trst, come accade in prossimità della strada più affascinante d'Italia, la costiera, dovrebbe essere non una sola speranza, non un sospiro di attesa, ma atto dovuto e cosa si aspetta ancora? 

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