C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

Prospettiva fallica: da Bologna ad Osor con uno sguardo insolito a Trieste

Così scriveva Wu Ming 1 in un suo recente post: “”Se fissiamo il Nettuno del Giambologna da una particolare angolatura, di scorcio, vedremo realizzarsi una magia: il pollice sinistro spunta dal fianco e diviene un fallo eretto con tanto di glande enfio e turgido. Una leggenda locale parla di uno scherzo del Giambologna alle monache dell’adiacente convento: guardando dalle finestre, vedevano il dio esibire una poderosa erezione. Ecco che irrompe il conflitto, ecco che l’Uno (la statua) diventa due (lo scultore irriverente e le suore), e poi molti, perché uno pensa al potere committente, alle persone che sapevano della burla, a quelli che se ne sono accorti da soli, a chi tramanda la leggenda, e poi, chissà se è davvero «solo» una leggenda… Ecco un’allegoria di quanto cerchiamo di fare nei nostri libri”. Ed ha ragione. Quella statua di Bologna è nota proprio per tale particolarità “fallica”, una delle prime cose che si fanno notare ai non bolognesi, appena giunti nello splendido spazio tra Piazza Maggiore e la nota Sala della Borsa è proprio il pene, non pene, del dio Nettuno.
Ma non è l'unico. Ad Osor, splendida e piccola località della Croazia, dove a quanto pare vi è stata la corsa alle sculture, ebbene, una di queste, se inquadrata dalla giusta prospettiva, apparirà nella sua versione fallica, il violino potrà diventare strumento fallico.








Anche Trieste ha il suo gioco fallico...
Una delle statue della fontana dei quattro continenti, quella che rappresenta l'Africa, se immortalata dalla giusta prospettiva fallica, avrà il suo pene, più grosso e tendente ad essere mozzato che lungo a dire la verità.

Ma a pochi passi dalla statua raffigurante il continente africano sorge una possente colonna in pietra bianca che sorregge la statua di Carlo VI d'Asburgo ed in tema di prospettiva fallica, a quanto pare, non scherza mica.
Il pene, specialmente nel periodo dei Romani ma anche in  quello dei Greci, era simbolo di potenza, di potere ed agevolava, in base alle dimensione e forma, la carriera militare. Non è un mistero che i cannoni e molti strumenti da guerra richiamano il pene. Fallici, ma non fallaci, perché uccidevano. Insomma la vita, tra scherni ed atti volutamente consapevoli, può offrirti, per le strade delle città dei momenti diversivi, un diversivo ironicamente fallico.Vedere ed osservare attraverso lo spazio non comune. Ottica alternativa, un duello tra razionalità e follia, tra dionisiaco e apollineo, insomma chiamala se vuoi semplicemente prospettiva fallica.




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