C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

40 anni Piazza della Loggia, Brescia, non teppisti ma fascisti hanno attacco la sede dell'Anpi

Camminando per le strade di Brescia, quello che ti diranno molti cittadini, è che loro, agli appuntamenti, alle iniziative politiche, specialmente se di carattere antifascista, sono sempre puntuali, mai in ritardo, neanche di un minuto. Questo lo sapevano gli attentatori stragisti fascisti. Ma la bomba fascistato esploderà dopo dodici minuti. Hanno voluto essere sicuri che la piazza fosse piena, piena di antifascisti. I giornali di quella mattina parlavano di una Italia in fermento, diversi scioperi e manifestazioni erano previste nella giornata del 28 maggio. La notizia del giorno era la non scarcerazione del gruppo 22 ottobre. Veniva anche pubblicato il volantino di minaccia di matrice fascista inviato il giorno prima giorno alla sede centrale dell'agenzia ANSA per minacciare di morte gli otto detenuti del gruppo « 22 Ottobre» nel caso venissero liberati. Il messaggio dei fascisti , che venivano chiamati semplicemente come “teppisti”, era stato scritto su un foglio uscito dal Poligrafico dello Stato ed era stato imbucato con una affrancatura espressa all'ufficio postale del quartiere Nomentano di Roma. Ma si riportava anche la notizia dell'attacco alla sede del Manifesto, da parte sempre di “teppisti” ovviamente erano fascisti, i quali lasciarono scritte inneggianti al fascismo e ricordando che quello era solo un avvertimento. Come detto diversi erano gli scioperi previsti in tutta Italia nella giornata del 28 maggio, il 29 maggio avrebbero scioperato anche i giornalisti per la libertà d'informazione, ma quel mercoledì i giornalisti non scioperarono perché alle 10 e 12 del 28 maggio 1974 una esplosione devastò la vita di molte persone e di una intera città. Durante la prima conferenza stampa a Brescia emersero due cose particolari, ovvero che veniva comunicato la realizzazione di due identikit, poiché un un poliziotto in borghese, pochi attimi prima dell'attentato, aveva sentito due giovani che parlottavano fra di loro e uno diceva all'altro:- « adesso ». Ma anche che i primi ad essere interessati dall'operazione, tanto per cambiare, e per mano dei carabinieri, furono i figli di di un compagno, ex partigiano e membro del consiglio di fabbrica. Alla notizia della perquisizione nell'abitazione dell'ex partigiano si rispose che se ciò era realmente accaduto si trattava certamente di un errore. Eppure di indizi sulla matrice ve ne erano diversi. Il 9 maggio i carabinieri della legione di Brescia ed altre, arrestavano tredici neofascisti, appartenenti ad una vasta organizzazione terroristica nera. Tra gli arrestati vi era anche Carlo Fumagalli fondatore del MAR.
Il 19 maggio avvengono due inquietanti fatti. Alle tre di notte un bresciano salta in aria nel centro della città mentre, su una Vespa, stava trasportando un ordigno esplosivo. Accanto al suo corpo straziato, veniva anche ritrovata una rivoltella con 11 colpi in canna e la copia di un periodico fascista «Anno zero». Dopo l'esplosione, una Giulia con a bordo quattro fascisti si schianta contro un muro. A bordo della macchina c'erano un barattolo di vernice nera, un pennello, manifesti di propaganda. per il « si », ancora copie di « Anno zero ».  
Veniamo ad oggi. L'ANPI di Brescia ha denunciato che la scorsa notte dei “ladri” oltre ad aver tolto dal muro la fotografia dell’ex presidente Anpi (morto recentemente), il partigiano Lino Pedroni, hanno imbrattato con le loro feci l’ufficio dell'ANPI. Gli escrementi venivano ritrovati in alcuni volantini «No Bigio» della cui ricollocazione della statua in Piazza Vittoria gli antifascisti, giustamente, si sono opposti con determinazione. Non si tratta di teppisti o vandali, schematismo mediatico pericoloso, adottato in passato ed adottato ancora oggi. Si tratta di attacco fascista, punto. Alla vigilia dell'anniversario della strage fascistato di Brescia. Ben maledetti 40 anni dalla strage fascista di stato, che emozione e rabbia vedere quei fiori lì isolati dal perché per terra, la colonna sventrata dalla bomba delle 10 e 12 minuti lunghi ed interminabili come la voglia di giusta verità! Quale memoria condivisa nel sistema responsabile delle bombe e del piombo di stato che è stato? Nessuna memoria condivisa solo verità antifascista per i caduti di Brescia e di ogni altro luogo coinvolto dal rumore violento nero e nefasto. 




Poi cammini verso i vicoli ma quella colonna pur devastata è rimasta in piedi e con essa il tuo grido di giustizia antifascista che tardi senza mai essere tardi e presto senza mai essere presto sì che arriverà! Nessuna retorica ma questo sentimento ho lì innanzi alla vita che continua oggi raccolto e seminato nel terreno della universale consapevolezza.
Non chiamateli vandali o teppisti, ma fascisti.

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