Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Donna quando resistenza è esistenza, il memoriale di Ondina Peteani



Ho avuto modo di leggere l'ultimo libro di Valerio Evangelisti, Il sole dell'avvenire, che ti schiaffeggia anche con violenza, cercando di farti capire che i diritti conquistati vanno difesi, che mille e più sofferenze ci sono state, violenze ci sono state, abusi e soprusi, per mano di quell'uomo padrone, capo bastone, il caporale, che ti puniva ed umiliava. Le filande prima,  le mondine dopo, le camiciaie di New York,  da una parte all'altra del mondo, si ribellarono iniziando a prendere coscienza della propria forza e della possibilità di dire no. Oltre 14 ore di lavoro schiavista, con l'acqua oltre le ginocchia, oltre ogni oltre, nervi e mani deformate dalla fatica imposta, multe che azzeravano la paga settimanale già misera, e poi,  primo in modo timido, poi sempre con maggior forza, dilagava, cresceva, diventava sia voce che eco di ribellione, questa era la parola sciopero, sciopero,sciopero. L'unione nello sciopero ha intimorito, ha unito, ha posto le basi per quella donna che ha alzato la testa ed è stata anche punita per ciò, donna che  per le vie di San Pietroburgo urlò pace, pretendendo la fine della guerradonna che ha imbracciato anche fucili per le nostre montagne per la libertà,  donna che ancora oggi è discriminata nel lavoro, sul lavoro e nella società, ma che tramite la resistenza, nelle sue diverse articolazioni, ha rivendicato la sua esistenza, il diritto all'esistenza, il diritto alla dignità, il diritto alla libertà.. Quanto era difficile gridare sciopero in quel tempo. Non si deve dar nulla per scontato, specialmente oggi, in questa crisi figlia delle peggiori speculazioni finanziarie e bancarie, in un capitalismo sadico e cinico, che vuole riportare la società al secolo becero e buio, buio per i diritti, buio per l'umanità tutta. Dalla vicenda delle mondine a quella di Ondina e di tante e tante altre donne, corre un solo filo conduttore, un filo sottile sottile, ma indistruttibile, il filo della dignità. Una dignità che ha avuto un prezzo, il prezzo del dolore, il prezzo del sangue versato, il prezzo della fatica, il prezzo dello schiavismo, quello schiavismo che l'Italia ha conosciuto,praticato e che ancora oggi attua verso gli ultimi, gli emarginati ed i ricattati, i migranti. Il monito di Ondina, che ora seguirà, nel nome di quella libertà, tanto eroica per il contributo della donna,  quanto ribelle, conquistata, rivendicata, deve essere diffuso ovunque e non confondersi e non perdersi, perché la resistenza non è stata solamente una guerra contro il nazifascismo, ma anche la battaglia per un sistema sociale completamente diverso.  Ed anche per questo, auspico che Trieste, ma non solo Trieste, possa quanto prima intitolare una via ad Ondina Peteani, ma non solo ad Ondina, ma anche a tutte quelle donne che hanno lottato per la libertà, per la dignità.

***
"Dall'inizio del 1942 una nuova connotazione della donna scaturì dalle nostre riunioni segrete. Si percepiva in quei pericolosi frangenti l’esigenza crescente di affermare la nostra presenza, il nostro pensiero, i nostri desideri, così lungamente e pesantemente schiacciati nella dittatura fascista, nella quale eravamo oggetto e mai soggetto.La Forza della Libertà fu alla base dello slancio che il nostro schierarsi impose alla costretta società italiana d’allora quando propriamente l’organizzazione clandestina in noi individuò delle paritetiche collaboratrici ed audaci protagoniste.Si trattava delle prime forme di liberazione della Donna. Ragazze, madri, mogli: Donne che in larga schiera parteciparono con sacrificio ed impegno alla Lotta di Liberazione Nazionale.Il fenomeno crebbe e si sviluppò costituendo i presupposti indispensabili alla rivalutazione della figura femminile nella nuova Società sorta dalle ceneri del nazifascismo, nata dal 25 Aprile 1945.Il favorevole pronunciamento in ragione del voto elettorale alle donne rappresentò uno dei primi sostanziali riconoscimenti.Una lunga scia di sangue e di martirio rimarrà sempre a testimonianza del tributo che la donna ha immolato nella causa della Libertà.Risulta oggi incontrovertibile asserire che la scintilla che innescò in Italia la rivalutazione delle relegate potenzialità della donna, permane indiscutibilmente coesa all'eroico contributo di questa nel rovesciamento della dittatura nazifascista.Anni di morte, di massacri e sgomento culminati nell'orrore del Lager. Auschwitz, soglia del non ritorno della coscienza umana ha lasciato qualcosa di indelebile nel mio animo.Devo alla Resistenza, alla Rinascita Democratica ed al mio inscindibile ideale di Libertà il desiderio di continuare ad esprimermi ancora con l’azione ed il pensiero per una Società finalmente giusta, Libera ed antifascista, dove l’odio razziale e la prevaricazione rappresentano soltanto il monito di un passato che non deve mai più riaffermarsi" . 
Trieste, 20 maggio 1989, Ondina Peteani

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