C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

Una lettera indignata per chiedere la chiusura della Ferriera di Trieste

Sono intervenuto, nel mio piccolo,diverse volte sul caso Ferriera, di Trieste, ed in tutti i miei interventi sostenevo in sostanza questo concetto, chiudere la Ferriera, punto. E ben ribadendo che  lo Stato, responsabile di questa situazione di inquinamento costante, "dovrà risarcire i lavoratori accompagnandoli, con indennità economica dignitosa, sino alla pensione, e dovrà risarcire anche l'indotto così come tutti i cittadini e la Ferriera, a parer mio, andrà trasformata in museo, un museo storico e sociale, un museo del lavoro, un museo sul lavoro della Ferriera e nella Ferriera, un museo vivo e non mortuario per ricordare alle generazioni che verranno come non si deve industrializzare in città e magari qualche imprenditore e politico illuminato prima di decidere di annientare la vita di lavoratori e cittadini, se mediterà qualche tempo in più nel gabinetto della riflessione andando alla ricerca della pietra nascosta che recherà tal persona verso il buon senso, forse non sarà poi un male così esoterico da evitare". Da dicembre 2013,circa,  sembra che sia in corso una indagine da parte della procura triestina, forse per la morte di diversi operai a causa di tumore. L'attenzione mediaticamente si è riaperta grazie ad una prima inchiesta di El Kanal,  nuovo sito di controInformazione triestino e non solo triestino, e dopo la  (ri)pubblicazione di una vecchia foto di google earth della ferriera Triestina


ho ricevuto alcune segnalazioni. La più rilevante è quella che pubblicherò ora, certamente significativa per l'urlo di rabbia e di mera indignazione, ed intanto gli operai continuano a morire ed a vivere nel dilemma del dubbio, un dubbio che deve essere risolto e chiarito con immediatezza, poiché il nesso di causalità deve essere chiaro, deve essere chiara l'informazione, devono conoscere gli operai che ancora oggi lavorano in quel posto e che hanno lavorato in quel posto la realtà delle cose, quali sono i rischi, i tempi di esposizione a determinate sostanze quanto sono tollerabili sempre che questi siano "tollerabili" e quanto queste possono essere nocive per la salute e quali i tempi di reazione o manifestazione di possibili malattie, stesso discorso per i cittadini che vivono  in particolar modo nel rione di Servola che ospita quel mostro industriale e che sono stati a contatto con le sostanze "prodotte" da quel luogo sui cui ruotano interessi economici significativi.  
Segue la lettera che ho ricevuto da parte di un triestino: Trieste ha la più alta concentrazione di incidenza tumorale ai polmoni drammaticamente riscontrata nel Paese.  "La Ferriera, fucina di morte va inderogabilmente chiusa e i lavoratori impegnati per i prossimi anni al suo smantellamento/riconversione, in un processo di liberazione dalla loro stessa esposizione diretta con La Malattia. L'estate scorsa a Trieste si è svolto il mesto funerale di un ennesimo dipendente della Ferriera morto causa cancro ai polmoni: la stessa mattina, in attesa della sepoltura, nella camera mortuaria adiacente, a pochi metri dal feretro, giaceva la salma di un suo collega di fonderia, come lui sconfitto dal cancro ai polmoni. 
Da Contovello (frazione sovrastante Trieste) si può assistere ai nembi di evaporazione relativi alle colate di ghisa e conseguente rilascio di mix di incombusti e sostanze variamente tossiche sopra l' area di Servola.  In assenza di vento la somma delle fumate si dispone su di un tavoliere giallastro uniforme a 50/60 m di altezza che si espande su tutta la città, orizzonte compreso, dissolvendosi lentamente nella discesa al suolo e in mare. Il motivo dell'appello si basa su di una casuale osservazione che lascia sgomenti: a Taranto, segnata dalla mastodontica ILVA, si muore meno di cancro che a Trieste. Com'è possibile, con parametri di filtraggio e salvaguardia entrambi storicamente e scientificamente iniqui? Guardate questa spettrale inquadratura      https://www.google.it/maps/@45.619194,13.7761845,1780m/data=!3m1!1e3?hl=it


Dall'alto tutta l'immagine fotografica è palesemente gravata da colorazione rossastra dovuta da pluricompositi di scorie di lavorazione. Zoomando sull'area balza agli occhi lo scempio di uno sversamento pluriennale che ha formato una banchisa con tanto di estuario verso l'esterno accumulatosi nel golfo di Muggia. Contenuta dalla diga foranea, la massa guadagna il mare dinanzi a Trieste, salendo fino a brandire e segnare marcatamente il lungomare di Barcola. Si veda l'immagine dall'alto della plurichilometrica area dell'ILVA di Taranto:
https://maps.google.it/maps?q=agip%20petroli%20ilva%20taranto&bav=on.2,or.&bvm=bv.61535280,d.bGQ,pv.xjs.s.en_US.Pk6WM5xCqOI.O&biw=1264&bih=553&dpr=1&wrapid=tlif139272744631711&um=1&ie=UTF-8&hl=it&sa=N&tab=wl





Lo specchio acqueo  antistante (certamente in ragione della differente profondità) non risulta devastato come quello di Trieste, nonostante l'imparagonabile estensione dell'area industriale. Inoltre in entrambi i siti, ingrandendo l'immagine, sulla terra ferma si notano i cumuli di residui di combustione di varia tipologia e altri componenti sedimentari, di sottile pezzatura nonché pulviscolari.  Il capoluogo giuliano è flagellato dalla Bora, il vento più impetuoso d'Europa, il solo ad aver raggiunto e superato i 170 km/h che abitualmente viaggia sui cento all'ora: si intuisce quale indescrivibile innalzamento di microparticelle comportino le potenti raffiche che investono la realtà industriale scagliando in successione sulla città tutto quanto sollevato.  A causa delle multiple erogazioni quotidiane dell'altoforno dell'industria siderurgica triestina che immettono indiscriminatamente nell'aria ingentissime quantità di agenti venefici, a causa dei depositi di scorie tossiche a cielo aperto spazzate dal vento e da questo messe in circolazione aerea, la dismissione dell'impianto di Servola è tema di prioritaria salute pubblica, a tutela di bambini, donne, anziani e uomini, tutti assolutamente esposti a inalazioni tossiche. Chiudere quella fucina di morte.  L'anno scorso si prometteva, finalmente, la chiusura definitiva della Ferriera di Servola. Oggi al contrario si sta nuovamente per perfezionare l'arrivo di un nuovo acquirente.  E come in un Waltzer triste, ... "Triest, Die Tochter von Wien" ... “la figlia di Vienna”, ... si spegne ancora nella sua peste nera, in questo catrame di morte, in questo napalm che brucia dentro e ci miete silente nella contraddizione indifferente di amministratori privati e pubblici, tutti indistintamente rei e collusi al soldo del profitto ... senza se e senza ma.



lettera firmata

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