La celebrazione del fascismo della passeggiata di Ronchi di D'Annunzio e l'occupazione di Fiume

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Mio caro compagno, Il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Ancora una volta lo spirito domerà la carne miserabile. Riassumete l'articolo !! che pubblicherà la Gazzetta del Popolo e date intera la fine . E sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio Non sarà stato forse un fascista dichiarato, D'Annunzio, certo è che non fu mai antifascista, era lui che aspirava a diventare il duce d'Italia e la prima cosa che fece, all'atto della partenza da Ronchi per andare ad occupare Fiume, fu quella di scrivere a Mussolini, per ottenere il suo sostegno. Perchè D'Annunzio ne aveva bisogno. Il fascismo fu grato a D'Annunzio, per il suo operato,  tanto che si adoperò anche per il restauro e la sistemazione della casa dove nacque D'Annunzio e morì la madre. E alla notizia della morte, avvenuta il 1 marzo del 193

Natale surreale, forse no



Sono le 9 di mattina, il supermarket ha appena aperto, e sembra di vivere l'arrembaggio alle ultime scorte di cibo, come se stesse per giungere una catastrofe, una guerra, una serrata di cui conosci l'inizio ma non la fine.
Ma è semplicemente la vigilia di natale.
Oltre 100 chili di pane venduti in poche ore, persone che si prendono letteralmente a spallate per accaparrarsi gli ultimi prodotti necessari a riempire la pancia di amici e famigliari come quella di un maiale da ingrassare.
Ma è semplicemente la vigilia di natale.
Per l'occorrenza e per essere più buoni si assumono, rigorosamente in nero, persone in difficoltà economica, gli si porge una paletta ritagliata e di cartone, da un lato una macchia rossa, dall'altro una macchia verde, e con quella paletta deve dirigere, ovviamente abusivamente, il parcheggio pubblico, in quel momento diventato parcheggio privato per il supermercato.
Vigili urbani?
Anche loro indaffarati a fare la spesa.
Si deve mangiare.
Crisi?
Ma è natale.
E poi casualmente ti capita, metaforicamente scrivendo, di entrare in una casa che non riconosci più come tale, sembra essere diventata una piccola cappella mariana. Statuine della madonna ovunque, qualche icona di Padre Pio e San Giuseppe, calendari rigorosamente religiosi, rosari e croci ed amen senza mai un reale amen.
E poi l'evento degli eventi. La messa in latino da Piazza San Pietro in diretta televisiva sul canale pubblico italiano.
Non bastano le varie Radio Maria, i canali del Vaticano, no, la Rai deve essere oggi del Vaticano.
Ed ecco che sommessamente, già con quel benedetto sommessamente ritrovato ultimamente anche dalla politica teatrale, sia di destra che sinistra, ti arrivano quelle voci in latino, incomprensibili, quei canti inquietanti, quella voce che accompagna la cronaca dell'evento, quella musica da setta, invadere ogni tuo senso di pazienza.
E' natale.
Certo, ma il problema è che ogni giorno è per l'Italia Natale, e forse ora comprendo perché siamo un popolo che non ha voglia di far nulla, perché è sempre in festa.
Ed allora esci da quel delirio, fuggi per le strade nebbiose di una società ferma all'anno zero che vive ancora di processioni e per le processioni, atti di devozione, segni di martirio, atti di dolore, abiti e vesti senza cappuccio, gesti di accompagnamento verso quei simboli che incidono, scalfiscono profondamente la coscienza dell'essere liberi, ed urli, urli nel tuo silenzio fugace come quel tiro di sigaretta in una notte di un Natale qualunque.




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