La
nota nota del 27 dicembre del 2013 del MEF ha creato scompiglio ed
ovviamente giuste preoccupazioni poiché a migliaia di lavoratori
rischia di apparire la seguente formula nel prossimo cedolino: “Si
comunica che, in applicazione del D.P.R. 122/2013, art. 1, comma 1,
che proroga fino al 31 dicembre 2013 l’art. 9, comma 23, D.L.
78/2010, relativo al blocco degli automatismi stipendiali per il
personale del Comparto Scuola, è stato accertato un credito erariale
di € ………. imponibile fiscale (al netto delle ritenute
previdenziali) con recupero a decorrere dalla mensilità di gennaio
2014 con rate mensili di € 150,00 lorde fino a concorrenza del
debito. Si precisa che il recupero applicato sullo stipendio lordo
determina contestualmente l’applicazione di un importo IRPEF più
basso.”
Danni
che si estendono anche a diverse tipologie di lavoratori, come coloro
che avevano programmato la pensione dal mese di settembre 2014 in
relazione al giusto diritto della maturazione dello scatto
riconosciuto e retribuito, dovranno attendere il 2015 per vederselo
riconosciuto, ma i problemi si estenderebbero anche ai nuovi immessi
in ruolo per la ricostruzione di carriera oltre che a tutti quelli
che dovranno restituire tutto ciò che è stato legittimamente loro
retribuito.
Il
tutto nasce da un provvedimento emanato dalla Presidenza della
Repubblica sulla proposta del Presidente del Consiglio dei
ministri, del Ministro per la pubblica amministrazione e la
semplificazione e del Ministro dell'economia e delle finanze ovvero
il DECRETO DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 4 settembre 2013, n. 122 Regolamento
in materia di proroga del blocco della contrattazione e degli
automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti, a norma
dell'articolo 16, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n.
98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n.
111. (13G00166) (GU
n.251 del 25-10-2013 ) entrato in vigore il 9 novembre 2013 .
Un
provvedimento che segue la logica dell' articolo
9 comma 23 del decreto legge 78/2010 lì ove si affermava che per il
personale docente, Amministrativo, Tecnico ed Ausiliario (A.T.A.)
della Scuola, gli anni 2010, 2011 e 2012 non sono utili ai fini
della maturazione delle posizioni stipendiali e dei relativi
incrementi economici previsti dalle disposizioni contrattuali
vigenti.
Come
è noto alcune forze sindacali rappresentative con il MIUR hanno
stipulato accordi per il pagamento degli scatti stipendiali,
attingendo in prevalenza da risorse già destinate alla scuola, con
il mantenimento del seguente impegno, il
prossimo rinnovo contrattuale di parte normativa ed economica,
nell'ambito delle competenze assegnate alla contrattazione,
individuerà i più idonei istituti contrattuali finalizzati ad
assicurare livelli di produttività e di qualità adeguati ai
fabbisogni, alle politiche del settore educativo e scolastico ed
alle esigenze di funzionalità delle istituzioni, anche in
correlazione con le riduzioni di risorse operate.
Ovvero
si introduceva l'impegno di introdurre il concetto della produttività nella scuola come contropartita per il pagamento di un diritto
naturale e contrattualizzato per migliaia e migliaia di lavoratori e
lavoratrici del settore scolastico.
Dipendenti
dello Stato,quelli della scuola, che vedono le loro retribuzioni e
ogni forma di aumento contrattuale essere ferme fino al 31/12/2014,
e sono le più basse d'Europa, ed ora, dopo il pagamento di ciò che
era loro dovuto, ecco la beffa.
Un
prelievo forzato che è uno schiaffo indecente che viene conferito a
chi è chiamato a svolgere un lavoro sempre più carico di
incombenze, responsabilità e rischi, ma dalle retribuzioni indegne. Eppure
i principi della nota Sentenza della Corte Costituzionale, la
223/2012,
che ha salvato alcune categorie di dipendenti dello Stato, come i
magistrati, sarebbero ben applicabili nel caso di cui ora trattasi,
un caso che ben evidenzia una enorme conflittualità tra due apparati
ed organi della Stato Italiano, MIUR e MEF che ancora una volta non
comunicano tra di loro, uno scontro che si scarica sulle spalle dei
lavoratori. Questa
disposizione che vuole la restituzione di ciò che è stato già
riconosciuto in via economica e che in ogni caso verrà riconosciuta
in una seconda fase, viola gli artt. 2, 3 e 53, Cost., poiché,
colpendo la sola categoria dei dipendenti pubblici, si crea un mero
effetto discriminatorio rispetto ai dipendenti privati, come pure ai
lavoratori autonomi, i quali, a parità di reddito, non subiscono
alcuna incisione patrimoniale di tal rilievo, e la restituzione di
quello che ben può essere considerato come un diritto quesito
poiché trattasi di questioni già
entrate a far parte del patrimonio del lavoratore quale corrispettivo
di una prestazione già resa e, nell'ambito di un rapporto (o di una
sua fase) già esauritasi in relazione al periodo in cui i citati
scatti andavano riconosciuti e retribuiti, è illegittima. Si
lede anche, in maniera irragionevole in quanto intervento non
strutturale, ma temporaneo, il legittimo affidamento sul proprio
trattamento retributivo, in capo al pubblico dipendente che ha
parametrato ad esso il proprio tenore di vita. E la norma non avendo
carattere tributario è di natura meramente espropriativa dal
momento che determinerebbe una vera e propria ablazione di redditi
formanti oggetto di diritti quesiti, senza alcuna indennità. In tal
senso, infatti, non potrebbe dubitarsi del fatto che il fenomeno
espropriativo possa astrattamente colpire anche beni mobili
fungibili, quali il denaro (nella specie, gli stipendi pubblici),
sicchè si tratterebbe altresì di una norma-provvedimento, con
conseguente violazione dell’art. 97 Cost., avendo tale norma
mutuato la natura del provvedimento, elidendone la fase del
procedimento, deputata, fra l’altro alla partecipazione degli
interessati, al fine di interloquire sulla legittimità e
sull’opportunità delle scelte cui sono chiamati a contribuire con
il loro sacrificio. La
motivazione della “crisi economica” che potrebbe giustificare una
simile misura non è adeguata a spiegare la ratio dei tagli
crescenti, in quanto la norma dovrebbe consentire un risparmio
immediato con progressiva mitigazione/riduzione del “taglio” fino
a quando la crisi verrà superata. Del resto, anche a ritenere che
l’invocazione della “crisi” costituisca l’effettiva
motivazione della manovra non dovrebbe trascurarsi la “diversa
sensibilità maturata in ambito europeo”, nell’ambito della quale
andrebbe collocata la sentenza del 24 novembre 2010 della Corte di
giustizia UE (C-40/10), la quale ha annullato le disposizioni del
regolamento 1296/2009 UE, che avevano ridotto l’adeguamento
automatico annuale al costo della vita degli stipendi dei funzionari
UE, abbattendolo dal 3,7% all’1,85%, ritenendo che la pur nota
situazione di crisi economica non potesse essere posta a fondamento
di poteri “eccezionali” del Consiglio.
Probabilmente la questione di cui ora si discorre verrà affrontata e forse risolta nel decreto mille proroghe, ma quello che non deve mancare è la reazione consapevole dei lavoratori della scuola.
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