C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

La scuola che verrà




Il noto documento dei dieci saggi e la voce scuola non doveva essere un programma di governo, organico e sviluppato in un’ottica di lungo termine. Non doveva essere un manifesto politico e neanche una mera nota descrittiva dei problemi. Ma la realtà che a breve vivremo tutti noi muterà il senso di quelle parole come scritte nella premessa del documento.
I punti che riguardavano la scuola, su cui già avevo scritto, sono diversi e sinteticamente possono così essere riassunti : performance , contrasto all'abbandono scolastico con il prolungamento della scuola al pomeriggio , ovvero scuole aperte, merito, tecnologia e digitale. Nulla di straordinario, perché chi segue e studia i processi in itinere nel settore della scuola, ben poteva prevedere una realizzazione programmatica di tal misura.
Invalsi, Indire, che da quasi dieci anni operano nella scuola, sono sistemi che si pongono in continuità con quel processo di autonomia che favorirà il sistema della scuola lavoro, della scuola in competizione, della scuola che deve addestrare lo studente non tanto alla semplice ed opinabile obbedienza, ma al rispetto senza alcuna valutazione critica di  specifici vincoli e parametri e tempi  che determineranno quelle scelte post-scolastiche intraprese dallo stesso nel corso della sua vita.
Test invalsi che sono strettamente connessi all'Università, serviranno, nell'imminente futuro, per selezionare le matricole e per indirizzarle verso certi e definiti percorsi di studio o lavorativi, serviranno per la selezione delle eccellenze che con la fondazione per il merito avranno la possibilità di percepire borse di studio e di vivere esperienze lavorative nelle migliori realtà aziendali italiane, serviranno per abituare lo studente all'adattamento ai ritmi e tempi imposti dalla società capitalistica, serviranno per rompere il meccanismo della solidarietà e favorire quello della competizione individuale. Concetto che è estendibile anche tra il personale scolastico, penso al famigerato accordo sindacale del 12 dicembre 2012 alle disposizioni previste dalla riforma c.d Brunetta, non ancora applicate nella scuola, ove è prevista anche la fattispecie del licenziamento nel caso di rendimento non sufficiente nell'arco del biennio considerato.
Scuole migliori, in base alle risultanze dei test Invalsi, che attireranno contributi di fondazioni e banche, e di altre realtà private, scuole peggiori, in base ai risultati di questi test, che favoriranno processi di ghettizzazione scolastica. Questa è la performance, questa è la scuola dell'autonomia, che non è autonomia sulla didattica e sull'insegnamento, ma sul mero processo valutativo ed organizzativo della macchina scolastica. Aprire le scuole tutto il giorno, intenzione già anticipata dal Ministro Profumo nel 2012, che guarda a quel tipo di scuola, ben diffusa nel Nord Europa e molto cara all'Indire. Scuole aperte fino alle 21, ad alta tecnologia, con architetture moderne, ove sarà lo spazio a condizionare l'insegnamento e non l'idea od il pensiero critico. Quando nelle nuove linee guida sul come dovranno essere edificate le nuove scuole si scrive che “oggi emerge la necessità di vedere la scuola come uno spazio unico integrato in cui i microambienti finalizzati ad attività diversificate hanno la stessa dignità e presentano caratteri di abitabilità e flessibilità in grado di accogliere in ogni momento persone e attività della scuola offrendo caratteristiche di funzionalità, confort e benessere” come non pensare alla scuola di Hellerup? Nata dal progetto The School of the Future (SKUB), un programma che ha portato,appunto, alla costruzione dell’Hellerup School nel 2002, a pianta quasi totalmente aperta dove gli spazi sono flessibili e una grande scala attraversa in verticale i piani della scuola, dove le scale possono diventare gradinate ove anche studiare. O come non pensare per esempio all'Orestad Gymnasium ? Dove i libri sono stati integralmente sostituiti dal tablet? Le indicazioni vi erano tutte, ma è emersa una sottovalutazione , è emersa una non giusta attenzione.
E' una strategia a lungo termine, anno dopo anno si introducono atti e norme che ben disegnano il modello di scuola che il sistema vuole ed il tutto senza alcun processo democratico di consultazione preventiva diretta e partecipata non solo da parte del personale interessato, ma da parte della cittadinanza tutta, poiché rivoluzionare gli spazi, i luoghi, le architetture, i processi di insegnamento della scuola, non è un qualcosa che riguarda solo chi vive la scuola per ovvie ragioni, ma la società nella sua complessità.
Sarà solo l'intendere con consapevolezza la scuola come bene comune il fattore determinante che potrà fermare i processi rivoluzionari in atto nel campo della scuola, atti e processi imposti dall'alto, senza alcun processo di condivisione e partecipazione.
Condivisione e partecipazione che non deve essere successiva alla predisposizione di leggi, circolari, atti burocratici e volontà politiche e sistemiche, ma necessariamente preventiva, altrimenti sarà semplicemente una formalità inconsistente volta a legittimare ciò che è stato già deciso e voluto dall'alto, alto sempre meno rappresentativo e sempre più autoreferenziale.


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