PRESIDENTE:
Non
c’era un direttore dei giochi?
ROMANO
PRODI:
No.
Bisogna vedere come se ne sono impadroniti i giornali; come di una
seduta medianica, che non so nemmeno cosa sia, ma era un gioco
collettivo invece, come tutti facemmo in quel momento; l’ho
imparato dopo.
LAPENTA:
Chi
lanciò l’idea di questo gioco?
ROMANO
PRODI:
All’inizio
il padrone di casa; non so… All’inizio ero in disparte con i
bambini e dopo il gioco mi ha incuriosito.
FLAMIGNI:
Come
venne fuori la specificazione «casa con cantina»?
ROMANO
PRODI:
Ne
sono venute fuori diecimila di queste cose: è venuto fuori
«cantina», «acqua». In questo momento non lo ricordo nemmeno; il
gioco è andato avanti per ore (…) Ripeto che non ho preso sul
serio queste cose e, evidentemente, se non ci fosse stato quel nome,
non avrei nè raccontato nè detto la cosa perchè cerco di essere
un uomo ragionevole, onestamente.
FLAMIGNI:
Nella
testimonianza che lei ha reso al giudice dice: «Fui io a comunicare
al dottor Umberto Cavina, nonchè il giorno prima alla Digos di
Bologna attraverso un collega universitario, la notizia concernente
la località: Gradoli, in provincia di Viterbo. A tale indicazione,
con l’aggiunta che poteva trattarsi di una casa…»
ROMANO
PRODI:
Guardi,
non me lo ricordavo neanche per il poco peso che gli ho dato. Ne
sono saltate fuori tante di queste cose! Tutti hanno detto che non
conoscevano questo paese; questo era importante.
PRESIDENTE:
La
notizia era talmente importante che se l’avessero ben utilizzata,
le cose probabilmente sarebbero cambiate.
ROMANO
PRODI:
Non
ho mai creduto a queste cose … sarà stato un caso.
COLOMBO:
Tutte
le persone parlavano di un paese…
ROMANO
PRODI:
Bolsena,
Viterbo, Gradoli; si faceva la targa VT; i monti Volsini… ripeto,
dopo si dava importanza perchè avevamo visto dove erano; con la
carta geografica in mano, fa tutti i «ballottini» che vuole…
CORALLO:
«Ballottini»
sta per piccoli imbrogli.
ROMANO
PRODI:
Con
la carta geografica davanti davanti, lei capisce non è più…Scusi
l’espressione.
FLAMIGNI:
Dopo
la seduta spiritica…
ROMANO
PRODI:
No,
era veramente un gioco.
FLAMIGNI:
Non
si può chiamare seduta spiritica.
ROMANO
PRODI:
Non
me ne intendo; mi dicono che ci vuole un medium.
FLAMIGNI:
Comunque
il risultato, la conclusione è che almeno quando viene fuori la
parola «Gradoli» le si attribuisce importanza perchè lo si
comunica alla segreteria nazionale della Dc, al capo della Polizia;
poi, si muove tutto l’apparato.
ROMANO
PRODI:
Quando
l’ho comunicato a Cavina m’ha detto che ce ne sono state
quarantamila di queste cose. Fino al momento del nome, non era stato
molto importante; per scrupolo (…) lo comunichiamo (…)
FLAMIGNI:
Lei
venne appositamente a Roma per riferire a Cavina?
ROMANO
PRODI:
No,
era un convegno…non ricordo su che cosa, e dovevo venire a Roma.
FLAMIGNI:
E
quanti giorni dopo il «giochetto»?
ROMANO
PRODI:
Due-tre,
non ricordo (…)
FLAMIGNI:
Chi
interpretava le risposte del piattino?
ROMANO
PRODI:
Un
po’ tutti. Era semplice, vi erano le lettere, si mettevano in fila
e si scrivevano.
FLAMIGNI:
Bisognerebbe
capire qual era esattamente lo svolgimento del gioco (…) quali
erano le domande poste.
ROMANO
PRODI:
Le
domande erano: dov’è? perchè? Moro è vivo o morto? Del resto,
persone che hanno fatto altre volte il «piattino» sanno di che
cosa si tratta e possono darle spiegazioni più esaurienti.
BOSCO:
Chi
erano le persone che l’avevano fatto altre volte?
ROMANO
PRODI:
II
professor Clò, ad esempio, ed altri che risponderanno perchè sono
tutti qui (…)
FLAMIGNI:
(…)
sarebbe importante quantificare quali furono le domande.
ROMANO
PRODI:
Questo
non ha niente a che fare con la tecnica del gioco ed è evidente che
me lo ricordi. Le domande erano: dov’è Moro? Come si chiama il
paese, il posto in cui è? In quale provincia? E nell’acqua o
nella terra? E’ vivo o morto?
FLAMIGNI:
Quali
erano le risposte ad ognuna di queste domande?
ROMANO
PRODI:
Qui
intervengono problemi tecnici sui quali potranno essere date
spiegazioni più esaurienti delle mie; comunque, vi erano delle
lettere su un foglio e il piattino, muovendosi, formava le parole e
indicava sì o no.
FLAMIGNI:
Che
cosa succede: uno mette il dito su questo piattino?
ROMANO
PRODI:
No,
tutti.
FLAMIGNI:
Ad
un certo momento parte un impulso per cui il piattino si sposta e va
su una lettera?
ROMANO
PRODI:
Sì.
Posso comunque dire che, dopo questa esperienza, ho trovato tanta
gente che mi ha confessato di aver fatto la medesima cosa.
CORALLO:
(…)
Di solito, quando il piattino comincia a muoversi, la domanda che si
fa è: chi è l’interlocutore, lo spirito con il quale ci si
intrattiene.
ROMANO
PRODI:
Alla
fine è accaduto anche questo, ma all’inizio no. C’è stato chi
ha detto: interroghiamo Don Sturzo o La Pira, ma le prime risposte,
in un primo momento, erano soltanto sì o no.
CORALLO:
L’interlocutore
era dunque ignoto.
ROMANO
PRODI:
All’inizio
sì, poi vi furono anche interlocutori vari tra i quali, per quel
che mi ricordo, Don Sturzo (…)
CORALLO:
Si
trattava dunque di un gioco in famiglia, tra amici. Un’ultima
domanda professore: tra i partecipanti, vi era anche qualche esperto
di criminologia?
ROMANO
PRODI:
No,
assolutamente no (…) Tra i partecipanti alla seduta vi ero io, che
sono un economista, il professor Gobbo, che ha la cattedra a Bologna
di politica economica, il professor Clo, che ha l’incarico di
economia applicata all’Università di Modena e che si interessa di
energia, ma di petrolio, non di fluidi. Vi era anche suo fratello
che è un biologo (non so di quale branca, anche se mi pare
genetica) e vi era anche il professor Baldassarri che è economista,
ha la cattedra di economia politica all’Università di Bologna.
Tra le donne vi erano mia moglie, che fa l’economista, la moglie
del professor Baldassarri, laureata in economia, ed altre che non so
cosa facciano professionalmente.
SCIASCIA:
Nella
lettera che è stata mandata alla Commissione, firmata da tutti voi,
si dice che la proposta di fare il gioco è partita dal professor
Clo.
ROMANO
PRODI:
Perchè
era il padrone di casa.
SCIASCIA:
Nella
lettera si aggiunge che tutti vi parteciparono a puro titolo di
curiosità e di passatempo, che la seduta si svolse in un’atmosfera
assolutamente ludica.
ROMANO
PRODI:
Vi
erano cinque bambini al di sotto dei dieci anni!
SCIASCIA:
Si
dice anche che nessuno aveva predisposizione alcuna di tipo
parapsicologico o, comunque, pratica di queste cose, ma una certa
pratica di queste cose qualcuno doveva pur averla!
ROMANO
PRODI:
Certo,
a livello di gioco, la tecnica era conosciuta; però pratica di
queste cose direi che non vi fosse. Ripeto, a posteriori, mi sono
reso conto che vi è gente che tutte le sere lo fa!
SCIASCIA:
Tra
i dodici, qualcuno aveva pratica di queste cose?
ROMANO
PRODI:
Intendiamoci
sulla parola pratica, onorevole Sciascia. Se qualcuno lo aveva fatto
altre volte voi lo potrete sapere chiedendo agli altri, ma nella
nostra lettera abbiamo detto che non vi era nessuno che, con
intensità, si dedicava a questo. naturalmente vi era qualcuno che,
altre volte, l’aveva fatto.
SCIASCIA:
Francamente,
io non saprei farlo.
ROMANO
PRODI:
Anche
io non sapevo farlo! Non ne avevo la minima idea e, infatti, mi sono
incuriosito moltissimo.
SCIASCIA:
La
contraddizione che emerge è questa: se c’è una seduta di gente
che crede negli spiriti o, comunque, nella possibilità che si
verifichino fenomeni simili, se c’è una seduta di questo genere –
ripeto – e ne viene fuori un certo risultato del quale ci si
precipita ad informare la Polizia ed il Ministero dell’Interno lo
posso capire benissimo, ma che si svolga tutto questo in
un’atmosfera assolutamente ludica, presenti i bambini, per gioco,
e che poi si informi di ciò la Polizia attraverso la mediazione di
uno che non era stato presente al gioco, e se ne informi quindi il
Ministero dell’Interno, a me sembra eccessivo e contraddittorio.
ROMANO
PRODI:
Ma
è venuto fuori, onorevole, un nome che nessuno conosceva! Anche se
ci siamo trovati in questa situazione ridicola, noi siamo esseri
ragionevoli. Ci siamo chiesti tutti: Gradoli nessuno di voi sa se ci
sia? Se soltanto qualcuno avesse detto di conoscere Gradoli, io mi
sarei guardato bene dal dirlo. E’ apparso un nome che nessuno
conosceva, allora per ragionevolezza ho pensato di dirlo.
SCIASCIA:
Direi
per irragionevolezza.
ROMANO
PRODI:
La
chiami come vuole. La motivazione reale è che con una parola
sconosciuta, che poi trova riscontro nella carta geografica, a
questo punto è apparso giusto per scrupolo…
SCIASCIA:
Poteva
far parte della insensatezza del gioco anche il nome Gradoli.
ROMANO
PRODI:
Però
era scritto nella carta del Touring.
SCIASCIA:
La
signora Anselmi dice che seguirono dei numeri che poi risultarono
corrispondere sia alla distanza di Gradoli paese da Viterbo sia al
numero civico e all’interno di via Gradoli.
ROMANO
PRODI:
Questo
proprio non mi sembra … c’era sul giornale…
SCIASCIA:
La
signora dice di aver sentito questo dal dottor Cavina.
ROMANO
PRODI:
Onestamente
io non.. Non avrei difficoltà a dirlo.
CORALLO:
Nell’appunto
di Cavina c’è il numero della strada.
ROMANO
PRODI:
Può
darsi che negli appunti ci sia perchè dopo abbiamo visto sulla
carta, strada statale, i monti vicini. L’importante è che si
trattava del nome di un paese che a detta di tutti nessuno dei
presenti conosceva. Capisco che era tutta un’atmosfera
irragionevole, però…
SCIASCIA:
Non
mi sembra determinante il fatto che non si conoscesse il nome.
Viterbo si conosceva e poteva benissimo trattarsi anche di Viterbo.
ROMANO
PRODI:
Se
fosse stato Viterbo, non ci avrei badato perchè si può sempre
comporre una parola che si conosce.
SCIASCIA:
Chi
ha deciso di comunicare all’esterno il risultato della seduta?
ROMANO
PRODI:
L’ho
fatto io perchè ero l’unica persona che conoscesse qualcuno a
Roma. Ho parlato con tutti, con Andreatta etc. Non è che ho
telefonato d’urgenza; ho detto vado a Roma e lo comunico. Questo è
stato deciso una volta che si è saputo che esisteva questo paese
che nessuno conosceva.
SCIASCIA:
Ora
le farò una domanda che farò a tutti. Lei ha mai conosciuto
nessuno accusato o indiziato di terrorismo?
ROMANO
PRODI:
Mai.
COVATTA:
II
senso della domanda è se qualcuno aveva interesse ad ispirare gli
spiriti.
ROMANO
PRODI:
E’
sempre la domanda che mi sono sempre posto anch’io.
BOSCO:
All’interrogativo
che si è posto, come ha risposto? Cioè se qualcuno poteva aver
ispirato gli spiriti.
ROMANO
PRODI:
Lo
escluderei assolutamente.
BOSCO:
Quindi
si è trattato di spiriti.
ROMANO
PRODI:
O
del caso … Non so … Mi sembra che il senso della domanda
dell’onorevole Covatta sia quello di chiedere se c’era qualcuno
che voleva fare «il furbetto», spingendo in un certo modo o
rallentando. Questo no. D’altra parte…
FLAMIGNI:
Se
avessimo ascoltato un riferimento di quella seduta in maniera molto
impegnata e che i protagonisti credevano veramente allo spiritismo e
alla possibilità di avere qualche forza in aiuto, allora mi darei
una spiegazione, ma proprio perchè il professor Prodi parla di
tutto ciò come un gioco, la mia curiosità si accentua. Ritengo che
qualcuno potesse anche sapere. Parto da questa considerazione per
dire che voglio conoscere le domande effettive e le risposte che
sono venute fuori.
ROMANO
PRODI:
Ho
detto le domande effettive e le risposte. Uno dei problemi che si
pone per una cosa del genere è proprio quello contenuto nella sua
domanda. Crede che quando è uscito il nome di via Gradoli io non mi
sia posto il problema di chiedermi se c’era qualcuno che faceva il
furbo? Altrimenti non sarei qui in questa situazione in cui mi sento
estremamente imbarazzato ed estremamente ridicolo (…)
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