C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

Sciopero per la libertà d'informazione. Per una settimana non compriamo i quotidiani



Chiedo la diffusione, se condiviso, di questo appello.
E' innegabile che la libertà d'informazione, come attuata e vigente in Italia, sia una libertà relativa.
Relativa perché ogni quotidiano ha un proprio editore che risponde all'interesse di una data lobby economica e di potere e si arroga il diritto di informare.
Diritto concesso dalla società.
Relativa perché la notizia viene governata per fini di potere.
Relativa perché la stampa che condiziona l'opinione pubblica governando la notizia è piegata al volere predeterminato non rispettoso di quella oggettività che dovrebbe fondare il tempio dell'informazione.
Libertà di informare, di essere informati.
Una libertà legata al concetto del profitto, una libertà schiavizzata dal sistema.
Chi pretende di informare i cittadini, si assume una enorme responsabilità sociale, etica e morale.
Chi può farlo è colui che ha mezzi e strumenti economici.
Ed ovviamente indirizza l'opinione pubblica verso la via del proprio giardino dell'ignoranza.
Il caso dello sciopero del 26 novembre, rinviato per motivi effimeri, ha dimostrato come la casta di chi consapevolmente o meno regge il trono della non informazione, spacciata per tale, sia piegata al potere.
Una lettera invocata del Presidente del Senato sollecita un rinvio dello sciopero, ma il reale motivo era ed altro non poteva essere che le note e tristi primarie del PD. Dovevano dare enfasi mediatica alle primarie del Pd, facendo credere alla gente comune che in Italia è ritornata la voglia di partecipare alla loro politica partitica.
Falso.
Chi ha votato non rappresenta il partito del non voto, che ad oggi è pari al 40% dell'elettorato.
Come premio per aver chinato la testa, inscenando il tetro teatro del bavaglio, ecco il Parlamento bocciare la norma della controversia.
Questa è una vergogna colossale.
Ed allora dobbiamo essere noi cittadini a dire basta.
Dobbiamo essere noi a scioperare.
Scioperiamo contro l'informazione dirottata, contro la non libertà dell'informazione, per la dignità di essere informati correttamente.
Da oggi e per una settimana non acquistiamo i quotidiani.
Diamo un segnale chiaro, preciso e conciso.
Basta con le prese in giro, basta alla casta della stampa, basta alle lobby economiche che governano la non libertà d'informazione.
La rete è destinata a regnare sovrana in questo campo, ed allora facciamo rete per noi, per la nostra indipendenza, per la nostra consapevolezza.
Difendiamo la libertà d'informazione, non come slogan elettorale, ma come sostanza e bene comune reale.

Scioperiamo, subito.

Cordialmente,

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