Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Forze dell'Ordine: quanto è utile il codice identificativo?








Il Capo della Polizia, nella sua breve intervista a Ballarò, ha dichiarato che l’abbraccio tra il poliziotto e lo studente mi sembra una scena bizzarra.

Questa frase lascia ben intendere quale sia la situazione, ognuno ha i suoi ruoli, il suo lavoro, i suoi doveri. L'unione pacifica tra forze dell'ordine e manifestanti difficilmente potrà divenire realtà, nonostante sia evocata da molti, confidando nello spirito proletario che caratterizzerebbe le componenti che si confrontano o scontrano in piazza.
Lo stipendio da sopravvivenza non basta da solo per unire le componenti sociali.
Ma è chiaro che se un giorno questa svolta avverrà sarà ed altro non sarà che per la realizzazione di un vero processo rivoluzionario.
Ma ritorniamo con i piedi per terra, ritorniamo alla realtà italiana, ritorniamo al disastro sociale, economico destinato a peggiorare nel 2013, l'anno delle rivolte e dalle immense tensioni sociali.
Quello che ora stiamo vivendo è solo un piccolo antipasto di ciò che inevitabilmente accadrà.
In questi giorni l'attenzione del dibattito è focalizzata sulla questione numero identificativo delle Forze dell'Ordine.
Il Capo della Polizia, sempre a Ballarò, ha dichiarato: “Il discorso che fa l’operatore di polizia è: io mi faccio identificare perché tutto sommato lo ritengo giusto, ma ritengo che sia giusto anche identificare chi sta in piazza cioè chi costituisce l’altra metà del cielo”

Ovviamente è fuorviante pensare che i manifestanti possano scendere in Piazza con un cartellino identificativo, lo Stato ha già a disposizione migliaia di strumenti, facebook e blog e siti ,in prima linea, per identificare chi manifesta.
Ma quanto è utile realmente il codice identificativo per bloccare gli abusi e le violenze delle Forze dell'Ordine?
Le cariche violente temo che siano spesso determinate e volute dall'alto, poiché se ai tempi per esempio della manifestazione contro Bush a Roma, la polizia attendeva le pressioni, anche violente di alcune componenti sociali, ora attacca direttamente senza attendere alcuna pressione o contatto fisico diretto.
I video del 14 novembre confermano questa ipotesi.
Preso atto di ciò rilevo che il codice identificativo non sia utile per fermare né le strategie repressive né le violenze.
Il caso della Spagna conferma ciò.
Infatti, Anonymous è stato costretto a mettere online i nomi e il numero identificativo di ben 18 agenti dei reparti antisommossa dei Mossos D'esquadra.
Azione rivendicata dagli attivisti che hanno affermato di "voler fare luce su recenti episodi di violenza commessi dalle forze antisommossa".
Ma come denunciano molti manifestanti spagnoli, per esempio in Catalogna, anche se la polizia è dotata di codice identificativo, nascondono durante i momenti concitati di attacco il numero di placca e nessuno riuscirà ad identificare il responsabile e la polizia, in caso di denuncia, dichiarerà di non essere in grado di individuare i suoi agenti.
D'altronde esiste da un lato un grande senso e spirito di appartenenza che sfocia spesso in omertà, vedi il G8 di Genova per esempio e dall'altro esistono direttive a cui nessun codice alfanumerico potrà porre rimedio.
Certo, il codice identificativo sarà utile in vari casi, ma se si matura la convinzione che questo possa servire per fermare la repressione o le cariche violente, sarà semplicemente una grande illusione ed il caso della Spagna è una conferma, tanto che è dovuto intervenire Anonymous.
E forse ciò è anche la dimostrazione del motivo della manifesta volontà, da parte anche del Capo della Polizia, di voler ricorrere, in Italia, al codice identificativo, ovvero perchè rischia di essere semplicemente inutile o meglio utile per questioni elettorali e politiche,ma non certamente nella sostanza.
Il problema è sociale, culturale, di come si protesta e di come viene gestito l'Ordine Pubblico a difesa del sistema sociale ed economico ed antidemocratico esistente, mascherato dalla protezione dei luoghi sensibili. Certo non per questo si deve fare con tutto il fieno lo stesso covone, ma si deve prendere atto di ciò per la maturazione di quella consapevolezza che deve indurre a protestare e manifestare senza offrire il fianco alla repressione

note:
( foto dei Mossos D'esquadra che usano violenza anche con codici identificativi)

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