Quanto è dibattuta la problematica
della “crisi” economica e sociale nella scuola pubblica italiana?
Si parlerà della democrazia sospesa?
Cosa pacificamente ammessa da tutta la classe dirigente politica
italiana.
Si parlerà del problema del lavoro e
di tutto ciò che vi è correlato?
Si parlerà del problema del suicidio?
Si parlerà del problema Europa?
Insomma, l'attualità deve essere
presente e dibattuta nella scuola italiana, e questo deve essere, a
parer mio, uno dei compiti di chi insegna, appellandosi a quel
principio fondante ogni democrazia, anche nel tempo della sua
sospensione, quale quello della libertà d'insegnamento che deve
essere necessariamente collegata all'attualità.
Una crisi che circonda e penetra anche
all'interno delle aule scolastiche. Ad esempio quanti sono i casi
ove i bambini non possono permettersi la mensa scolastica perché i
genitori hanno perso il lavoro?
Come vivere ed affrontare questa
discriminazione sociale?
La crisi, che io chiamerei in altro
modo, ovvero la speculazione finanziaria ed economica che ha
devastato le categorie sociali più deboli e meno protette,
inevitabilmente entra ed entrerà nella scuola attraverso varie
dinamiche.
Dinamiche che non devono essere
meramente demagogiche o strumentali alla politica elettorale.
Eppure in questi mesi si continua
ad insistere sul concetto innovazione, ma quanto questo concetto è educativo e formativo?
Quanto potrà aiutare le generazioni
che verranno ad essere soggettività consapevoli?
Penso al caso tablet.
Esistono fondi comunitari collegati al
progetto formez, un progetto che esiste da vari anni e che qualcuno
ha scoperto solo ora, che riguarda le regioni Puglia, Campania,
Sicilia e Calabria che consentirà alla maggior parte delle scuole
presenti in quelle realtà, di avere a disposizione uno strumento
moderno e tecnologico di alto livello.
Nessuna discriminazione è in itinere
con il resto del Paese, casomai il problema da denunciare sarebbe
altro.
Fornire alle scuole il tablet,
innovarle tecnologicamente, servirà a poco, se da un lato non si
interviene seriamente e non solo a parole, sulla questione sicurezza
dell'edilizia scolastica e dall'altro non si investe seriamente sulla
professionalità dei docenti.
Non dobbiamo certamente guardare ai
modelli fallimentari americani, come qualcuno ha fatto, cogliendo
l'attimo per ricordare che Obama, in piena campagna elettorale, ha
scoperto l'acqua calda, affermando in sostanza che i docenti devono
essere rivalutati.
Certo.
Ma nelle scuole americane i docenti
vengono anche valutati e la valutazione come realizzata, che
l'Invalsi vorrebbe emulare, comporta una classificazione delle scuole
a dir poco settaria, con la spada del mercato immobiliare che penderà
sulla testa di chi insegnerà in quelle scuole. Una scuola valutata
negativamente abbasserà il valore immobiliare dell'intero
quartiere. Follia?
No, la realtà.
Una realtà che in Italia non si
vuol vedere.
Ed allora prima di fare demagogia
sterile, forse sarebbe il caso di informarsi, a meno che, il prezzo
da pagare, per avere docenti con uno stipendio degno di tale nome,
sia quello della fine della libertà d'insegnamento e solidarietà
sociale.
Ed allora, tablet o non tablet,
computer o lavagne multimediali, con tutto l'ovvio business che vi è
collegato,questi strumenti non possono da soli rappresentare
l'innovazione della scuola.
A cosa serve innovare una scuola solo
materialmente, quando non si riesce ad intervenire nel sociale?
Che ruolo ha oggi la scuola?
Un centro
potenziale di business, di speculazioni e campagne elettorali e
strumentali alla politica oggi esistente?
La vera innovazione a parer mio non
deve essere solo quella materiale, perché di questo si parla.
L'innovazione della scuola deve passare dalla via dell'insegnamento,
dall'integrazione della vita reale con quella vissuta nella aule
scolastiche.
Dalla formazione del personale docente.
Ma
l'innovazione, se così possiamo chiamarla, che è imposta dall'alto,
è materialista e collegata anche al concetto salesiano
scuola-lavoro, d'altronde la società vigente non è certamente
idealista, eppure un sano idealismo potrebbe essere, questo sì, uno
strumento teorico e pratico utile per mutare la società come da noi
tutti conosciuta e vissuta, rendendola più libera e consapevole e
meno dipendente da quel solito concetto di profitto, che tramite
finanziamenti o strumenti altri a volte entra dalla finestra, a
volte dalla porta, delle scuola pubblica italiana.
Insomma l'innovazione tecnologica se
non accompagnata dall'innovazione della didattica, dalla
ristrutturazione totale delle scuole, dall'integrazione sociale,
dalla solidarietà sociale, dalla difesa della libertà
d'insegnamento, dalla rivalutazione professionale ed economica dei
docenti, sarà solo uno strumento che consentirà a qualche società
di maturare il solito business, e per la scuola sarà solo l'ennesima
illusione.
Vedo già il docente con il suo tablet,
collegato ad una lavagna multimediale, che parlerà dell'Odissea
senza far riferimento alcuno all'odissea reale e sociale oggi
vigente,lavorare in una classe con sedie e banchi vecchi, con
soffitti che rischiano di cedere, con studenti che non hanno neanche
i soldi per comprarsi i libri, altri che non possono recarsi in
mensa, altri che si portano la carta igienica da casa, ed altri
ancora che si domanderanno, ma il tablet, con una scuola in queste
condizioni, a chi giova?
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