Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Quale innovazione nella Scuola Pubblica?



Quanto è dibattuta la problematica della “crisi” economica e sociale nella scuola pubblica italiana?
Si parlerà della democrazia sospesa? Cosa pacificamente ammessa da tutta la classe dirigente politica italiana.
Si parlerà del problema del lavoro e di tutto ciò che vi è correlato?
Si parlerà del problema del suicidio?
Si parlerà del problema Europa?
Insomma, l'attualità deve essere presente e dibattuta nella scuola italiana, e questo deve essere, a parer mio, uno dei compiti di chi insegna, appellandosi a quel principio fondante ogni democrazia, anche nel tempo della sua sospensione, quale quello della libertà d'insegnamento che deve essere necessariamente collegata all'attualità.
Una crisi che circonda e penetra anche all'interno delle aule scolastiche. Ad esempio quanti sono i casi ove i bambini non possono permettersi la mensa scolastica perché i genitori hanno perso il lavoro?
Come vivere ed affrontare questa discriminazione sociale?
La crisi, che io chiamerei in altro modo, ovvero la speculazione finanziaria ed economica che ha devastato le categorie sociali più deboli e meno protette, inevitabilmente entra ed entrerà nella scuola attraverso varie dinamiche.
Dinamiche che non devono essere meramente demagogiche o strumentali alla politica elettorale.
Eppure in questi mesi si continua ad insistere sul concetto innovazione, ma quanto questo concetto è educativo e formativo?
Quanto potrà aiutare le generazioni che verranno ad essere soggettività consapevoli?
Penso al caso tablet.
Esistono fondi comunitari collegati al progetto formez, un progetto che esiste da vari anni e che qualcuno ha scoperto solo ora, che riguarda le regioni Puglia, Campania, Sicilia e Calabria che consentirà alla maggior parte delle scuole presenti in quelle realtà, di avere a disposizione uno strumento moderno e tecnologico di alto livello.
Nessuna discriminazione è in itinere con il resto del Paese, casomai il problema da denunciare sarebbe altro.
Fornire alle scuole il tablet, innovarle tecnologicamente, servirà a poco, se da un lato non si interviene seriamente e non solo a parole, sulla questione sicurezza dell'edilizia scolastica e dall'altro non si investe seriamente sulla professionalità dei docenti.
Non dobbiamo certamente guardare ai modelli fallimentari americani, come qualcuno ha fatto, cogliendo l'attimo per ricordare che Obama, in piena campagna elettorale, ha scoperto l'acqua calda, affermando in sostanza che i docenti devono essere rivalutati.
Certo.
Ma nelle scuole americane i docenti vengono anche valutati e la valutazione come realizzata, che l'Invalsi vorrebbe emulare, comporta una classificazione delle scuole a dir poco settaria, con la spada del mercato immobiliare che penderà sulla testa di chi insegnerà in quelle scuole. Una scuola valutata negativamente abbasserà il valore immobiliare dell'intero quartiere. Follia? 
No, la realtà. 
Una realtà che in Italia non si vuol vedere.
Ed allora prima di fare demagogia sterile, forse sarebbe il caso di informarsi, a meno che, il prezzo da pagare, per avere docenti con uno stipendio degno di tale nome, sia quello della fine della libertà d'insegnamento e solidarietà sociale.
Ed allora, tablet o non tablet, computer o lavagne multimediali, con tutto l'ovvio business che vi è collegato,questi strumenti non possono da soli rappresentare l'innovazione della scuola.
A cosa serve innovare una scuola solo materialmente, quando non si riesce ad intervenire nel sociale?
Che ruolo ha oggi la scuola? 
Un centro potenziale di business, di speculazioni e campagne elettorali e strumentali alla politica oggi esistente?
La vera innovazione a parer mio non deve essere solo quella materiale, perché di questo si parla. L'innovazione della scuola deve passare dalla via dell'insegnamento, dall'integrazione della vita reale con quella vissuta nella aule scolastiche. 
Dalla formazione del personale docente. 
Ma l'innovazione, se così possiamo chiamarla, che è imposta dall'alto, è materialista e collegata anche al concetto salesiano scuola-lavoro, d'altronde la società vigente non è certamente idealista, eppure un sano idealismo potrebbe essere, questo sì, uno strumento teorico e pratico utile per mutare la società come da noi tutti conosciuta e vissuta, rendendola più libera e consapevole e meno dipendente da quel solito concetto di profitto, che tramite finanziamenti o strumenti altri a volte entra dalla finestra, a volte dalla porta, delle scuola pubblica italiana.

Insomma l'innovazione tecnologica se non accompagnata dall'innovazione della didattica, dalla ristrutturazione totale delle scuole, dall'integrazione sociale, dalla solidarietà sociale, dalla difesa della libertà d'insegnamento, dalla rivalutazione professionale ed economica dei docenti, sarà solo uno strumento che consentirà a qualche società di maturare il solito business, e per la scuola sarà solo l'ennesima illusione.

Vedo già il docente con il suo tablet, collegato ad una lavagna multimediale, che parlerà dell'Odissea senza far riferimento alcuno all'odissea reale e sociale oggi vigente,lavorare in una classe con sedie e banchi vecchi, con soffitti che rischiano di cedere, con studenti che non hanno neanche i soldi per comprarsi i libri, altri che non possono recarsi in mensa, altri che si portano la carta igienica da casa, ed altri ancora che si domanderanno, ma il tablet, con una scuola in queste condizioni, a chi giova?


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