Parlerò ancora di scuola non solo
perché è il campo ove cerco giorno dopo giorno di conferire il mio
piccolo infinitesimale contributo per salvare la dignità sia del
personale scolastico che dell'idea , ora astratta, di scuola pubblica, ma
anche perché la scuola è l'essenza della democrazia.
Un Paese senza una scuola statale pubblica attiva e funzionante è un paese privo di democrazia.
I primi collegi docenti sono già, in
molte città italiane, calendarizzati.
Tra Lucifero e Beatrice per molti
docenti il rientro formale a scuola è alle porte, mentre per il
personale ATA l'anno scolastico 2012/13 è già iniziato da qualche
giorno.
Vorrei parlare di un futuro per la
scuola italiana.
Ma in verità, visto il quadro sociale,
economico e normativo esistente, parlerò di quale declino per la
scuola pubblica italiana.
Un caos totale è alle porte.
Nomine in ritardo, scuole che ancora
non sono a conoscenza del loro futuro dirigente scolastico, reggenza
o incarico di titolarità?
E questo dilemma è presente in molte
realtà, anche in scuole a rischio, che meriterebbero un percorso di
continuità, di attenzione particolare, piuttosto che veder
riconosciute indennità di reggenza anche rilevanti, ma nessun
dirigente con la volontà di esercitare in quel dato luogo la
titolarità.
Certo la colpa non è dirigenziale ma
dello Stato che non dedica la giusta attenzione a tale problematica ed abbandona i suoi dirigenti, che vorrei ritornassero ad essere presidi e non manager, alle scelte individuali.
Eppure le scuole con posti vacanti a
rischio in Italia non mancano mica ed governo da un lato dice di
voler investire nella dispersione scolastica, oppure nel territorio a
rischio, ma dall'altro la maggior parte di queste scuole vedranno
ogni anno mutare i dirigenti e spesso anche il personale docente.
La continuità è determinante sia per
la conoscenza del territorio, sia per realizzare un riferimento
stabile per i genitori e gli studenti che per il territorio ivi
considerato.
Ma così non è.
Altro caos è certamente dato dalla
mancanza di dialogo tra i vari ministeri, il MIUR con il MEF od il
dipartimento della Funzione Pubblica, vedi il caso delle assegnazioni
provvisorie o utilizzazioni, con i sindacati classici, che non sono
più in grado di far sentire la propria voce, una voce destinata a
diventare solo espressione di un silenzio di mera impotenza.
Perché il ruolo del sindacato, mi
riferisco a quelle realtà che hanno il potere di contrattare, potere
che non è stato neanche difeso e rivendicato come nel caso della
deprecabile vicenda del personale così detto inidoneo, è solo
quello di divulgatore di notizie, tanto anche se il sindacato non è
d'accordo i provvedimenti normativi arrivano ugualmente.
Una scuola che è caratterizzata da un
caos normativo incredibile, normativa contro normativa, ma
specialmente dalla settorializzazione, troverai docenti precari
lottare e rivendicare un diritto, i perdenti posto altro diritto che si
scontra con quello rivendicato dai precari, e così via dicendo.
Questo è un dramma, perché fino a
quando ciascuno guarderà solo alla propria posizione individuale,al
famoso orticello di casa, e non guarderà al problema complessivo, la
categoria si dividerà in varie sotto-categorie, sempre più divise e
deboli, contrastanti e facilmente attaccabili e difficilmente
difendibili.
Insomma il punto è chi difendere?
La scuola pubblica da difendere non
esiste più.
La scuola pubblica deve essere
costruita, edificata ex novo e si deve partire subito unendo tutte le
problematiche, da quella degli inidonei, a quella del precariato, da
quella dei perdenti posto o personale in esubero a quella delle
classi di concorso soppresse, dalle scuole a rischio alle
pluri-reggenze, solo in questo modo,
unendo tutte le componenti sociali che vivono quotidianamente la
scuola, senza dimenticare non gli utenti, come vorrebbe il governo,
ma coloro che sono soggetti attivi nella costruzione della scuola,
genitori e studenti, per l'edificazione di una scuola pubblica degna
di tal nome.
Se la scuola rappresenta
nell'immaginario collettivo il termometro di un Paese, ebbene la
scuola Pubblica italiana ha una febbre alta, talmente alta che
rischia di farla perire da un momento all'altro.
Ed allora essendo un corpo malato deve
essere certamente curato, ma con cure degne di tal nome e non con un
telo drappeggiante intorno al corpo, volto a celare il corpo malato.
Non abbiamo bisogno di ministri che per
proprio spirito di protagonismo devono macchiare la scuola con marchi
e riforme autoreferenziali.
No. Così come credo sia una sconfitta
per tutti, per lo Stato prima di ogni cosa, che la scuola sia
diventata una macchina di ricorsi giudiziari e per molti soggetti
anche fonte di lucro.
Non è nelle aule di un Tribunale che
si devono risolvere i problemi.
I problemi devono diventare il
problema.
E se problema esiste, esisterà anche
una soluzione, che dovrà diventare la soluzione.
Altrimenti il rischio concreto è il
declino irreversibile della scuola pubblica.
Probabilmente ciò è voluto da tempo,
per favorire la logica della concorrenza e del mercato, per far
entrare i privati ed il business nelle scuole italiane nel nome di
quel sistema che giorno dopo giorno fomenta illusioni e disperazioni,
suicidi e crisi individuali e collettive che rendono l'individuo più
debole ed egoista.
Ripartiamo, senza perder tempo, dalla
solidarietà e dalla coerenza volta ad edificare la scuola pubblica, coerenza che escluderà per forze di cose chi è stato complice del presente declino, uniamo i problemi per affrontare il problema, non
esiste alternativa.
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