C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

Profumo di scuola lavoro




Mentre scrivo ascolto il suono della sirena della nave.
Una nave che partirà per qualche destinazione ove distrarsi è possibile. Ma la distrazione a volte è sintomo anche di quel malessere sociale figlio della frenesia, del modus con cui si apprendono le notizie, che poi vengono dimenticate.
In questi giorni ha creato scalpore l'ennesima, perché di ennesima trattasi, dichiarazione del Ministro dell'istruzione Profumo.
Durante la seconda giornata del Meeting di Boves il ministro dichiarava che "Forse non ha neanche più senso che il MIUR e il Ministero del Lavoro lavorino in maniera disgiunta. Il mondo del lavoro è cambiato ma noi non abbiamo ancora strutture formative e competenze adeguate"

Ma in realtà questo suo pensiero non è nuovo.
A giugno 2012 intervenendo ad un conferenza dei servizi sulla formazione professionale in corso a Roma, il ministro affermava che "In futuro credo che avremo bisogno di un ministero unico per l'istruzione e il lavoro. Un ministero per la persona che accompagni il cittadino nella sua formazione e nel suo inserimento nel mondo del lavoro. Questo perche' il futuro sara' una cosa completamente diversa in cui sara' necessaria una costante alternanza fra scuola e lavoro lungo tutto l'arco della vita"

Nulla di sorprendente, perché se si pensa che la prima uscita pubblica del ministro, ex rettore del Politecnico di Torino, si è realizzata in compagnia della Fondazione Agnelli, come ospite d’onore del «Rapporto sulla scuola in Italia 2011», ove era presente anche il presidente della Fiat, John Elkann, è chiaro quale possa essere il suo progetto di scuola.
Scuola- lavoro.
Un progetto che in realtà è già in itinere.
Basta andare sul sito del ministero del lavoro e scrivere nel motore di ricerca la parola chiave scuola lavoro e si aprirà una pagina che ricorderà in sostanza la normativa esistente.
Infatti, i giovani che hanno compiuto i 15 anni di età possono svolgere, sia nel sistema dei licei che in quello dell'istruzione e formazione professionale, l'intera formazione dai 15 ai 18 anni attraverso l'alternanza di periodi studio e periodi di lavoro. Secondo il sito del ministero del lavoro, il sistema dell'alternanza scuola-lavoro arricchisce la formazione che i giovani acquisiscono nei percorsi scolastici o formativi, fornendo loro, oltre alla conoscenza di base, competenze spendibili nel mercato del lavoro. Permette inoltre di realizzare un collegamento tra l'offerta formativa e lo sviluppo socio-economico delle diverse realtà territoriali.

Esistono vari progetti già attuati anche da scuole paritarie con varie aziende.
Vedrai l’azienda occuparsi di varie questioni, come concordare con l'Istituto scolastico il programma di “Alternanza”, che dovrà perseguire obiettivi didattici, di orientamento e di acquisizione di conoscenze del mondo produttivo anche al fine di agevolare le scelte professionali.; nominare un Tutor aziendale quale punto di riferimento per lo studente, al quale si rivolgerà e a cui risponderà senza vincoli gerarchici per la parte organizzativa e formativa oppure compilare e consegnare allo studente, al termine dell’esperienza in Azienda, una scheda di attestazione e valutazione dell’esperienza lavorativa, fornita dall’Istituto.

Quindi il processo scuola lavoro è già in itinere.
Ma si vede che ciò non basta.
I principi a cui vuole richiamarsi il ministro, voce di quel sistema ora dominante lo stato presente delle cose, è quello salesiano fatto proprio anche dalla Fondazione Agnelli con cui sembra questo governo concordare varie situazioni.
Don Bosco, come insegna la storia, per tutelare al meglio i giovani dai soprusi si fece promotore del primo contratto di apprendista che era firmato dal datore di lavoro, dal giovane, dal genitore ed in sua assenza dallo stesso don Bosco.
I laboratori salesiani hanno attuato quel processo culturale e sociale che vuole unire la scuola al mondo del lavoro.
Ma è proprio indissolubile questo binomio?
La scuola deve per forza di cose partorire forza lavoro?
Secondo lo statuto delle studentesse e degli studenti della Repubblica italiana, articolo 1 comma 1 «La scuola è luogo di formazione e di educazione mediante lo studio, l'acquisizione delle conoscenze e lo sviluppo della coscienza critica.»

Riprendendo questo concetto, personalmente posso sostenere che la scuola è il luogo reale ove ogni definizione non ha definizione, ove ogni inibizione del non sapere è liberata nella curiosità del voler sapere, ove ogni ignoranza vive quella latitanza che renderà l'uomo più libero e meno dipendente da quelle catene dell'essere suddito e non individuo nella società, perché l'uomo sarà consapevole.
Questa è a parer mio la scuola.
Una scuola che deve formare lo stato della consapevolezza, esseri consapevoli.
Una scuola che deve formare l'individuo ma non necessariamente l'individuo lavoratore.
Ma la società di oggi giorno sembra correre verso altra direzione.
Da un lato vorrebbe una scuola elitaria dove far maturare la futura classe dirigenziale e dall'altro lato una scuola che potremmo definire proletaria, ovvero sudditi e lavoratori e non individui liberi di criticare e decidere.
Perché la scuola che vorrebbe il precetto salesiano, richiamato dagli studi della Fondazione Agnelli e fatti propri a parer mio dal ministro Profumo è una istituzione che condiziona la decisione, indirizzando la scelta, fornendo allo studente una cultura nozionistica e frammentaria, una cultura che tende alla valutazione e concorrenza, una cultura acritica e materialista.

Pasolini, nei Dialoghi con Pasolini" su «Vie Nuove» 1965, p. 1077 , affermava che "Puoi leggere, leggere, leggere, che è la cosa più bella che si possa fare in gioventù: e piano piano ti sentirai arricchire dentro, sentirai formarsi dentro di te quell'esperienza speciale che è la cultura."

Questa dovrebbe essere la scuola pubblica. Una scuola che affronta le problematiche sociali, anche quelle del lavoro, ma che non formi il futuro lavoratore, ma il futuro cittadino libero di scegliere eventualmente di che lavoro morire.



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