Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Nonostante tutto, si deve andare avanti. Brindisi e Trieste, due volti e una sola Italia.





A Trieste nella giornata del 19 maggio incontravi turisti ignari di ciò che accadeva in Italia.
Turisti pronti ad essere imbarcati su quel mostro galleggiante che con la sua imponenza è giunto sul molo principale triestino.
Caldo.
Gran caldo.
Eppure dentro il tuo corpo dominava un senso di gelido, un senso di freddo che aveva origine ma non fine.
Come quell'origine senza fine di quella stagione senza giustizia sostanziale e neanche formale che ha piegato l'Italia al volere del potere del sistema dominante.
In Piazza Cavana incroci uno striscione.
Scritto proprio sulla pavimentazione rude e grezza di quella Piazza che ha visto percorrere passi indifferenti ma anche passi sofferenti per quell'Italia che soffre una crisi sociale e di sovranità popolare che riporta il non più bel Paese agli anni che hanno anticipato il buio più totale.
Qualche volantino, una megafonata che ricorda che le pensioni sono un diritto sociale oggi negato e tanti pensieri.
Le lacrime si contengono.
Non piangerò.
Non mostrerò la mia debolezza umana ad un sistema disumano.
No.
Sono umano ma oggi non piangerò, oggi silenzierò la mia rabbia funesta.
Una ragazza è stata uccisa, altre ragazze avranno la loro vita rovinata per il resto del loro cammino in tal tempo.
Arrivi in piazza della Borsa.
Oggi era prevista la parata per l'inaugurazione ufficiale della nuova sede del Germinal.
Era prevista una parata musicale.
Ecco che in piazza si discute su cosa fare.
Musica o non musica.
In modo democratico si discute.
Chi propone di suonare i tamburi a lutto, chi di suonare, perché suonare è un segno di protesta manifesta, non ci fermerete con la violenza, noi siamo anarchici, l'anarchia non è violenza, l'anarchia è altra cosa.
Chi come il sottoscritto sottolinea il fatto che si deve stare attenti ai processi mediatici, perchè viviamo in una società dove l'informazione non la si può controllare, anzi dove l'informazione controlla e dirotta l'esistente verso quei voleri stabiliti in qualche stanza del potere.
Altri che l'anarchia non deve farsi condizionare dal processo mediatico, deve andare oltre.
Peccato che non si può essere indifferenti a ciò, perché la storia ha tanto insegnato sul punto.

Riflessioni dopo riflessioni, la parata parte.

Si attraversano le vie della Città, un grande senso di emozione scorre nella pelle di tanti anarchici e cittadini semplici che hanno visto nell'anarchia un modello sociale e di lotta puro e ribelle e rispettoso della vita umana, quando si giunge sotto la vecchia e storica sede del Germinal.


Musica e sofferenza.
Musica e voglia di andare avanti.
E si giunge con una velocità lenta, lenta nella riflessione, lenta nell'assorbire l'ennesima violenza diretta o indiretta dal e del sistema, nella nuova sede di Via del Bosco.
Noterai il solito gran spiegamento di forze di polizia.
Solite telecamere che schedano e riprendono chiunque sia simpatizzante con l'anarchia.
E qualcuno dirà, ma perché non vanno a schedare i mafiosi, non vanno a riprendere i veri delinquenti?
Una festa, senza festa, accompagnata dalle forze dell'ordine sino alla porta d'ingresso.
Verrebbe da dire un gran servizio d'ordine pagato dalla Stato.
Ma si rimane indifferenti a ciò, anche se nel cuore di ognuno si vive e percepisce questa ingiustizia.
Perchè noi?
Perchè l'anarchia?
La storia è sempre la stessa.
Si attacca e si strumentalizza l'area che può essere più comoda per l'esistente, solo ed unicamente per ragioni di quello Stato che è stato.
Leggerai un cartello.
Un cartello tenuto in mano da una donna nella Piazza di Brindisi, da una dicitura semplice ma dal grande impatto, chi è Stato?
Brindisi e Trieste, due volti, una sola Italia.
Seguiranno parole, fatti, storie e racconti.
Un gran senso di mera inquietudine, ma nonostante tutto si deve andare avanti.
E l'anarchia triestina oggi mi ha conferito una gran lezione di umanità e di vita.

Marco Barone

Commenti

  1. non c'è niente da dire: livello troppo alto per metterci una qualsiasi chiosa.
    fa paura quello che riesci ad esprimere...

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