Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Biciclettando la memoria.

Un passo, due passi, tra passi ed eccoti innanzi al mare.
Vedo in lontananza navi batter bandiera senza colore,
osservo gabbiani perdersi in quell'orizzonte che congiunge il rude Carso con l'infinito pensare.
Seduto.
Fermo ed immobile nella mobilità perenne di quella emozione priva di ogni condizione,
ho visto il mare divenire lago.
Un lago senza identità.
Un lago ove la memoria perduta
ora riaffiora
tra molluschi e Ditteri
sul ciglio di quel Molo
ove tempo e memoria convivono lungi da ogni terrena gloria.
Una bicicletta arrugginita,
una fune dai mille nodi,
e passi indifferenti
di uomini e donne
calpestano quel cemento armato dalla guerra mai dimenticata,
senza mai sfiorar la ruggine di un tempo
che ha visto morir ogni morte.
Eppure
qualcuno
o qualcuna
in qualche epoca
vicina o lontana
ha biciclettato
la memoria
perduta
nella profondità
del mare.


Marco Barone

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