Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Foibe: quale storia insegnare a scuola?

L'argomento foibe è e deve essere sempre attuale.
E' compito dello studioso quello di andare alla ricerca della via che conduce alla fonte della verità, in modo libero, indipendente ed incondizionato, per dissetare quella sete di sapere che non deve trovar mai fine. Ma specialmente quello che deve fare lo studioso, a parer mio, è contestualizzare gli eventi, le tragedie, nel momento storico in cui queste trovano,ahimè, affermazione.
La vita umana deve essere rispettata, la dignità umana deve essere rispettata, la storia ha il compito e la funzione di determinare, prima di ogni cosa, quel senso di rispetto per la vita umana, che oggi viene meno.
In prossimità del Giorno del Ricordo avevo pubblicato una intervista realizzata alla studiosa Claudia Cernigoi , che ovviamente ha fatto discutere. Liquidare come negazionista o infoibatore chi vuole andare alla ricerca della verità è atto a dir poco figlio della peggior ignoranza.
In questi giorni a Trieste sono in corso delle iniziative pubbliche proprio sulla tematica foibe, una di queste è realizzata e promossa direttamente dal Ministero dell'Istruzione Università e Ricerca.

Andando per ordine cronologico. Sabato 11 febbraio scorso a Trieste, presso il Museo della civiltà istriana, fiumana e dalmata, il dottore in biologia Giorgio Rustia  ha effettuato una breve relazione  in una iniziativa che avrebbe dovuto mantenere i connotati di mero inquadramento storico. Tale Giorgio Rustia , da quello che si legge in rete, - nel  1998 si sarebbe avvicinato a Forza Nuova ,dopo aver fondato un "Comitato Spontaneo di triestini che non parlano sloveno", nel 1999  sarebbe diventato referente locale del "Progetto Contropotere", emanazione di FN.
E la studiosa Claudia Cernigoi, che ha deciso di assitere al dibattito  denuncia che 
Rustia ha sostenuto in sintesi che la guerra in Jugoslavia fu combattuta non da un esercito ma da partigiani, che come tali venivano considerati “franchi tiratori” e “terroristi” dall’esercito regolare e come tali le leggi di guerra dell’epoca autorizzavano a metterli al muro senza processo, e che (testuale) “quando vi dicono che il nostro esercito ha commesso crimini in Jugoslavia rispondete che il nostro esercito ha applicato le leggi di guerra dell’epoca e nessuno potrà smentirvi”.
Senza approfondire l’argomento (che richiederebbe decine di pagine), va detto che Rustia non ha tenuto conto di alcuni “piccoli” particolari:
1) l’Italia e la Germania avevano invaso la Jugoslavia senza dichiarazione di guerra;
2) di conseguenza erano un esercito invasore e non “regolare”;
3) la convenzione di Ginevra del 1929 considerava parificati a soldati regolari i volontari che si riconoscevano in un comando unico ed erano distinguibili da un simbolo o una divisa (cosa che i partigiani jugoslavi erano, in quanto si costituirono quasi subito come Esercito popolare di liberazione, riconosciuto dagli Alleati);
4) che nessuna legge di guerra prevede l’incendio ed il saccheggio dei villaggi, la deportazione ed il massacro di civili, bambini compresi: ricordiamo i campi di Arbe e di Gonars dove morirono di freddo e di fame centinaia di civili e lo sconcio delle affermazioni del generale Gambara che scrisse di suo pugno “Logico ed opportuno che campo di concentramento non significhi campo d\'ingrassamento. Individuo malato = individuo che sta tranquillo”.

 In conclusione Rustia, secondo quanto riporta la Cernigoi,  avrebbe sostenuto che “lo sloveno” non si è “mai messo l’anima in pace” di non poter occupare territori italiani, infatti (testuale) “con la famosa storia della lotta contro il fascismo in realtà contrabbanderanno anche nel futuro di voler arrivare male che vada per loro all’Isonzo”.

Ora, il punto della situazione è il seguente. In quella sede, Rustia avrebbe rese note le sue intenzioni, consistenti in sostanza di condurre questi contenuti nelle Scuole. Di incontrare gli studenti, di parlare nelle scuole di tali problematiche.
Quanto è oggettiva come forma sostanziale di educazione per le nuove generazioni?
La problematica foibe è calda e controversa. Deve emergere, con cognizione di causa il confronto, con dati, con la contestualizzazione delle giornate controverse della terra di confine. E contestualizzare non vuol dire negare. Ed è ovviamente discutibile che un soggetto attivo o simpatizzante per una forza politica di estrema destra si possa recare nelle scuole cittadine o del resto del paese per parlare di foibe, perchè la "verità" da tal soggetto diffusa sarà solo ed unicamente di parte.
Ovviamente mi auguro che le sue intenzioni non trovino riscontro alcuno nella realtà e che chi dovere proceda a diffidare gli organismi competenti perchè tali posizioni non possano trovare affermazione almeno nelle scuole pubbliche statali.
Il MIUR sembra correre in una direzione discutibile.
Ovvero quella di conferire una verità condizionata.
Infatti,  il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca - Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici e per l’Autonomia Scolastica, in collaborazione con le Associazioni degli Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati e con la Direzione Generale del FVG, ha deciso di organizzare per la prima volta a Trieste, nei giorni 22 e 23 febbraio 2012 il III Seminario nazionale dal titolo:
“Le vicende del Confine orientale ed il mondo della scuola – Il contributo dei Giuliano-Dalmati alla storia e alla cultura nazionale”, dedicato a conservare la memoria della tragedia degli Italiani e di tutte le vittime delle foibe e dell’esodo degli Istriani, Fiumani e Dalmati dalle loro terre. L’intento, a detta loro, sarebbe quello  di consentire approfondite riflessioni sui contributi culturali dei Giuliano - Dalmati al profilo storico della Nazione.
 La partecipazione al Seminario è consentita a due rappresentanti per ciascuna Istituzione scolastica.
È completamente gratuita per il personale della scuola poichè le spese sono sostenute dal Ministero.
Vi sarà quindi, un seminario, realizzato con i soldi pubblici, dove tra saluti recati alle Associazioni degli esuli istriani, fiumani, dalmati, ed interventi di studiosi noti come  Roberto Spazzali e  Fulvio Salimbeni si discuterà solo di determinati aspetti della storia che hanno complessivamente riguardato la questione foibe.
Sarebbe stato auspicabile invece, organizzare un dibattito od un seminario volto al confronto tra le due tesi, quella che collega il fenomeno foibe ad una sorta di punizione comunista per il rifiuto di assoggettamento al volere titino,  con lo scopo unico e reale di compromettere i valori della Resistenza antifascista, e quella che contestualizza il fenomeno foibe senza negare l'esistenza delle stesse. Perchè chi ha contestualizzato tale evento storico non ha mai negato l'esistenza dello stesso. Eppure la cronaca "ufficiale" sia triestina che italiana tende a liquidare i ricercatori, gli storici della contestualizzazione come semplici negazionisti.
Sorge il dubbio che il MIUR continui nell' intento, manifesto dello Stato vigente delle cose, di voler sostenere il processo di revisionismo storico, volto a conferire una verità parziale di una storia disumana divenuta ancor più disumana.
Anche se a dire il vero, se per revisionismo formale si intende il rivedere le posizioni ufficiali alla luce di nuove fonti e ricerche reali e non ipotetiche, allora forse i revisionisti formali, nell'essenza buona di tale termine, sono tutti quelli che cercano di riportare la questione foibe alla loro effettiva consistenza.
Sarebbe stato auspicabile collegare tale seminario a delle visite per esempio al campo di concentramento italiano di Gonars, Monigo, Chiesanuova , Renicci  e Visco od a quello di  Arbe, per non parlare della Risiera.
Ciò sarebbe stato utile per contestualizzare e capire concretamente anche il "fenomeno" tragico delle foibe.
In tempo di guerra si diviene tutti disumani specialmente quando si subiscono violenze, abusi, negazioni di ogni status, genere ed essenza, specialmente quando si esce dalla gabbia della dittatura. Ma in sostanza si è ancora in tempo di guerra. Fuggito da tale gabbia a volte prevale il senso della giustizia non scritta e non normata da alcuna legge formale, una giustizia figlia del sentimento di vendetta per le persecuzioni subite,atrocità patite, per essere stati spogliati dalla propria identità sociale e culturale, per essere stati spogliati dalla propria dignità esistenziale.  L'uomo in quel momento non è più uomo. Così come non è stato uomo in tempo di guerra.
Così come era ancora guerra. La guerra non deve giustificare nessun tipo di violenza. 
Ma non esiste e non può esistere una guerra senza violenza.
Ciò che è accaduto dal processo storico e sociale della Risiera, del 1976, in poi è una sorta di operazione volta ad equiparare la Resistenza in tempo di guerra al c.d fenomeno disumano delle foibe, equiparare vittime e carnefici con il solo fine di conseguire, tramite la via dell'ignoranza, della verità di parte divenuta verità ufficiale, l'oblio dei valori fondanti la Resistenza antifascista. Per raggiungere la meta della verità, si devono confrontare i fatti, le storie, le fonti, e nelle scuole si deve insegnare a maturare uno stato di coscienza critica oggettiva e non parziale.
Violenza chiama violenza.
Ogni effetto è determinato da una causa.
La storia è complessa ma la verità storica non può e non deve essere nè parziale nè di parte.
Dunque quale storia insegnare a scuola?

Marco Barone

note: foto di prigionieri al campo di Rab - Arbe

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