Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Dico Basta!

Una frase,
una frase
scritta da un amico
nel silenzio della fame
di quella fame di sapere,
sapere cosa è giusto
nel sapore aspro e acerbo
di quel gusto privo di ogni verbo.
Dico Basta.
Basta all'essere denigrati,
infamati,
e ingabbiati
in quell'unico senso
che alcun senso no ha
se non quello
e solo quello
di far tacere la voce
della ribellione
nel fango della compassione.
Potenti e fratelli
uniti dai capitali coltelli
ora affilati
domani ripudiati
impongono il loro ordine,
invocano la condivisione
nello spirito dell'unione
per salvar con le lacrime del popolo dolore
quel potentato privo di ogni politico colore.
Sgomberano la dignità,
sgomberano le tende occupate
dalle madri indignate,
nella terra uccisa dal disumano nucleare,
ave ave ave vile danaro,
questo è il corale canto
in tal dazio mai stanco
di colpir ogni dissenso franco.
Chi uccide la vita,
chi sveste il proprio corpo
dalla servile divisa,
chi fugge e sfugge alle arpie che vivono
il giorno senza conoscere alba e tramonto.
Rispetto e dispetto,
colpisci il mio petto,
colpisci il mio petto,
vile padrone
servo di quella informazione
nella menzogna azione,
bruciano le pagine
del vangelo capitale,
il buon pastore ladro di speranze
assapora il succo
nelle rimembranze
del finito tempo della concessione,
perché io
mio non caro padrone,
non chiedo,
ma pretendo.
Dico Basta.
Questo è il mio Amen.

Marco Barone





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