Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Decreto Liberalizzazioni: si sopprime l’obbligo, per le imprese ferroviarie, di osservare i contratti collettivi nazionali di settore

In questi giorni, l'attenzione mediatica è totalmente concentrata sulla tragica vicenda del Giglio, sulla questione dei Taxi o delle farmacie.
Ma poco o nulla si è detto della vicenda delle imprese ferroviarie.
Una situazione "calda" che avrà effetti nefasti per migliaia di lavoratori.
All'articolo 42 del Decreto sulle Liberalizzazioni, si legge che "All’art. 36, comma 1, del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, come modificato dall’articolo 8 del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, sono apportate le seguenti modifiche:
a) le parole “ed i contratti collettivi nazionali di settore” sono soppresse.
b) la lettera b-bis) è soppressa".

Segue la breve relazione illustrativa ove si esplica che la norma dispone la modifica dell’articolo 36 del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, recante l’attuazione delle direttive comunitarie 2001/12/CE, 2001/13/CE e 2001/14/CE in materia ferroviaria. In particolare, viene eliminato l’obbligo, per le imprese ferroviarie e per le associazioni internazionali di imprese ferroviarie che espletano servizi di trasporto sull’infrastruttura ferroviaria nazionale, di osservare i contratti collettivi nazionali di settore, anche con riferimento alle prescrizioni in materia di condizioni di lavoro del personale. Resta ferma invece la prescritta osservanza della legislazione nazionale e regionale.

Il citato articolo 36 era stato modificato dall’articolo 8, comma 3-bis, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, che aveva inserito l’obbligo di osservanza dei “contratti collettivi nazionali di settore, compatibili con la legislazione comunitaria” e la prescrizione in materia di “condizioni di lavoro del personale”.

Per legge si intende  «impresa ferroviaria», qualsiasi impresa pubblica o privata titolare di una licenza, la cui attività principale consiste nella prestazione di servizi per il trasporto di merci e/o di persone per ferrovia e che garantisce obbligatoriamente la trazione; sono comprese anche le imprese che forniscono solo la trazione.

Su wikipedia  si legge che le imprese Ferroviarie autorizzate a circolare nella rete RFI (previo possesso del Certificato di Sicurezza) sono:


Nel 2001 sono state certificate:
Nel 2002:
  • GTT SpA(ex SATTI) (passeggeri)
  • SERFER Servizi Ferroviari Srl (passeggeri e merci)
  • Hupac SpA (merci)
  • Del Fungo Giera Servizi Ferroviari SpA passeggeri e merci La società è stata rinominata in seguito 'Impresa Ferroviaria Italiana SpA (IFI) e ha cessato l'attività nel 2008
Nel 2003:
Nel 2004:



Nel 2006:
  • SAD - Trasporto Locale SpA. (passeggeri)
  • NordCargo Srl (ex Ferrovie Nord Cargo Srl)
Nel 2007:
Nel 2008:
Nel 2009:
 L'introduzione di quell'obbligo, ora abrogato, aveva fatto "saltare" sulla sedia gli aspiranti concorrenti al monopolista Trenitalia. Perchè in sostanza le imprese ferroviarie che vogliono operare in Italia dovrebbero applicare il CCNL, scaduto con vertenza in itinere, applicato ai lavoratori FS, o quello degli Autoferrotranviari (proprio delle imprese ferroviarie di trasporto pubblico),oppure il contratto nazionale logistica trasporto merci e spedizioni, per non parlare dei contratti individuali plurimi che sono sottoscritti dalle rappresentanze sindacali territoriali e aziendali. 

L' Autorità garante della concorrenza e del mercato in data 14 settembre 2011 , affermava che I'imposizione a tutte le Imprese ferroviarie dell'adozione dei CCNL di settore, si tradurrebbe in un accrescimento significativo dei costi di produzione per le imprese concorrenti di Trenitalia, specialmente per quelle che sono entrate nel mercato a seguito della liberalizzazione ed hanno organizzato le proprie relazioni industriali non prevedendo l'applicazione di tale contratto.

 Altri avevano sollevato l'incostituzionalità di quella norma per violazione della concorrenza.
In un’intervista l’AD di NTV denuncia che si tratta di una norma “incostituzionale, visto che impone erga omnes un contratto obsoleto e scaduto da anni” (P. Bonora, il Giornale del 8 settembre 2011).


Come accennato, è ancora in corso la vertenza sul CCNL della Mobilità che di fatto è bloccata dalla fine di ottobre sui due tavoli di categoria Trasporto Pubblico Locale e Attività Ferroviarie.

Tanto detto, cosa rischia di comportare l'abrogazione di quella norma stante il blocco del rinnovo del contratto, e non casuale,nel settore delle Ferrovie?
Con il Gruppo Fs,e quindi Trenitalia, che ha ancora 6 miliardi di euro di debiti?
Certo, quella norma che obbligava le imprese ferroviarie a ricorrere ai contratti collettivi di settore, probabilmente non ha mai trovato applicazione, ma ora la norma viene totalmente abrogata e Trenitalia avrà la strada "spianata" nel nome della concorrenza, nel nome di un debito da saldare, per peggiorare i diritti dei lavoratori per conseguire profitto e  maggior profitto.
E quindi,  se non sarà il mercato ad adeguarsi ai modelli contrattuali figli delle conquiste sociali, saranno le conquiste sociali ad adeguarsi al mercato.
Il ricatto?
O il lavoro o il contratto. 
Film già visto, il finale anche.
Lavoro e contratto degno di tal nome, oggi, per come funziona il sistema, sono incompatibili.
Salvo ribaltamento delle regole, salvo processo rivoluzionario e ribelle.
Ma sarà questo il tempo della rivoluzione proletaria o della rivoluzione capitalistica?
Perchè nel nome della crisi, l'unico processo rivoluzionario che trova affermazione , oggi , è quello di un capitalismo che annienta diritti e conquiste sociali, che svende i beni comuni, che privatizza ogni cosa.




Marco Barone

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