C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

Lettera aperta al movimento #occupy di Trieste





Siamo in pieno autunno.
Pochi chilometri dividono i colori variegati ma vivi del selvaggio Carso, dai colori ordinari della città.
Pochi chilometri che dividono una natura ancora protetta dalle contaminazioni umane, dal caos di tale società.
Pochi chilometri.
Ed eccoti in Piazza dell'Unità.
Quelle che ora scriverò, saranno poche battute, poche righe volte a sollevare una riflessione.
Non pretendo d'insegnare e non voglio insegnar nulla a nessuno ma specialmente non ho alcuna intenzione di, come dire, indirizzare le scelte del movimento.
Si tratta di una libera riflessione che , mi auguro laicamente, venga accolta con la giusta dose di critica.
Parlavo in precedenza dei chilometri.
Chilometri che dividono il Carso dalla Città.
Questi chilometri li ho visti anche all'interno del movimento.
In molti interventi, ho sentito dire molte volte voi...
Interventi effettuati da persone non attive in tal fermento ribelle.
Ma spesso di passaggio.
Ebbene questo voi deve divenire noi.
Non deve più esistere un voi ed un noi, ma solo e semplicemente un noi.
Ciò è determinante per superare la distanza chilometrica o meno che rischia di dividere il movimento nascente di Trieste dal resto della città.
Con molta fatica, ma immenso impegno di militanza ribelle, ragazze e ragazzi da giorni occupano in modo legittimo la piazza principale di Trieste.
Piazza dell'Unità, giorno dopo giorno, diviene la vera polis, il vero punto di confronto in tal società.
Una società precaria, una società, per come strutturata, destinata all'inesorabile e violento fallimento.
In tale piazza, si è parlato di varie questioni, sono nate varie proposte, è una piazza propositiva.
Non condivido molte situazioni, ma comprendo la necessità di dover capire e vivere sulla propria pelle l'illusione reale delle false promesse della politica.
Il problema è che il tempo stringe, e non so quanto tempo vi sia ancora a disposizione per capire che il Sindaco di Trieste e la politica tutta, sia essa istituzionale che quella concertativa di una certa area sindacale sono solo parte integrante di quel sistema che si vuole contrastare.
Si è arrivati ad un punto di non ritorno.
Stiamo precipitando nel caos più totale, dove le vie percorribili non potranno che essere due, o immensa austerità,repressione sia preventiva che successiva o semplicemente ribellione.
La Piazza di Trieste è vista con immensa attenzione da tutta Italia.
Non può limitarsi solo al problema spazi, o similari ma deve andare oltre.
Ma il primo problema è come superare in poco tempo il distacco con la città, con il resto della città, o meglio come coinvolgere quella parte di città, che vuoi per diffidenza vuoi per normali situazioni di titubanza tarda ad avvicinarsi alla Piazza, tarda a vivere la Piazza .
Si devono coinvolgere i disoccupati, le 4000 mila persone in attesa di assegnazione di una casa popolare, i lavoratori precari, gli anziani che vivono con una pensione indecente e così via.
Ci si deve rivolgere per forza di cose a queste realtà.
Perchè la crisi del sistema non è solo una crisi generazionale, ma è una crisi reale che investe tutti e tutte.
E ciò può consentire a livello organizzativo anche il ricambio nella gestione della piazza.
Questa piazza può diventare il luogo dove viene ripensata la partecipazione alla politica attiva.
Non più delega, non più rappresentazione.
Ciò, a parer mio, è essenziale per evitare che tale movimento venga mediatizzato solo come movimento studentesco, perchè deve e può divenire altro.
Ai ragazzi ed alle ragazze che giorno dopo giorno occupano la piazza deve essere riconosciuto l'impegno e la costanza di tal forma sostanziale di protesta.
Non è una protesta simbolica.
Il tempo delle iniziative simboliche è finito.
Ora è il tempo della sostanza.
Così come è finito il tempo delle richieste e delle concessioni.
Ora è il tempo delle pretese.
Ed allora se questo movimento vuol continuare a camminare con le proprie gambe deve allargare le proprie braccia alla città, si devono coinvolgere i cittadini tutti, che devono solidarizzare non solo passivamente ma anche attivamente alla tenuta della piazza.
Certo ora si pone il problema del 4 novembre, del rischio sgombero ecc.
Forse la questione deve esser vista da altra prospettiva.
Se lo Stato Italiano sgombera una piazza indignata che protesta per una manifesta ingiustizia sociale, quale quella vigente, solo per consentire lo svolgimento della parata militare, ciò sarà grave.
Ognuno si assumerà le responsabilità delle proprie azioni.
La dignità non si sgombera.
La dignità la si difende ad oltranza, contro ogni forma di autoritarismo di tal sistema.
Tanto detto, concludo con un breve appello:
popolo di Trieste, disoccupati di Trieste, precari di Trieste, anziani e giovani di Trieste, donne e uomini di Trieste, che volete difendere la dignità vostra oggi calpestata da una esistenza precaria determinata dal potere economico, bancario vigente, che volete rivendicare una esistenza libera e non soggetta ad austerità alcuna, venite in Piazza dell'Unità, solidarizzate attivamente partecipando insieme agli studenti di Trieste alla reale edificazione di una nuova polis.
Altrimenti poi sarà tardi.
Ora o mai più.




Marco Barone



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