Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Ave nave


Ave nave,
tu che solchi le acque dell'ingordigia umana,
tu che con le grida delle sirene richiami all'ordine
il popolo libero e vagante per le occulte vie del porto di mare;
formata dalle mani dell'operaio
sfruttato dal capitale per la conquista di un misero salario,
metallo galleggiante
sulle rive incolte dall'ignoranza adattata
al fascino di tal borghesia
dall'indignazione ritrovata
viva e
ripudiata;
possente,
ferma,
immobile nella mobilità sociale
avvolta dal profumo di sale
un tempo oro da conquistare,
ora
abbondanza da disprezzare
nel prezzo della borsa
in continua corsa
per saziar la fame
del padrone infame.
Non Ave nave,
ti osservo,
ma non sarò tuo servo,
nè ora,
nè mai.


Marco Barone

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