Via Sant'Ambrogio una via alla ricerca della sua identità

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Un tempo via del Duomo, o del Teatro, oggi via Sant'Ambrogio che porta lo stesso nome del duomo consacrato dopo i disastri della prima guerra mondiale nell'ottobre del 1929, pur senza il campanile che dovette attendere la fine degli anni '50 per essere battezzato. Una via che nel corso della sua storia è sempre stata da transito di merce e persone e che è diventata negli ultimi tempi il teatro dello scontro identitario di una Monfalcone alla ricerca del proprio equilibrio sociale. Perchè è evidente che a Monfalcone, terra di passaggio, da quando è diventata grazie ai Cosulich città dei cantieri, per questo contesa dal regno d'Italia all'Austria, per privarla dei suoi cantieri insieme al porto triestino, ha conosciuto quelle dinamiche proprie delle città portuali. Gente che viene, gente che va. Approdo e partenza di nuove identità. Dal Sud Italia, all'Asia, passando da quel centinaio di nazionalità che a Monfalcone stanno cercando il proprio equilibrio, ognuna ne

Ettore Monteleone, ribelle senza patria: Bye Bye Lubiana

Bye Bye Lubiana

Ho incubato l'abrogazione della festa dei lavoratori.
Ho incubato l'abrogazione della festa della liberazione.
Urlo tremendo.
Era solo un fottuto incubo.

E' l'alba.
Sarà l'alba della verità?
Sarà il tramonto della mia curiosità?
La città dorme.
Dall'alto di Opicina osservi lo splendore di Trieste.
Un porto vivo.
Un porto ove giungono uomini e donne senza patria.
Un porto ove il tempo corre con lentezza.
Parto.
Parto verso una folle sperimentazione.
Sarà la mia indignazione.
Sarà la mia esasperazione.
Ma io parto.
Parto per ritornare.

Compri la vignetta che ti permette di guidar l' auto per le autostrade slovene.
Quindici euro che ti consentono di attraversare le montagne che accoglieranno la tua voglia di cercare la verità.
Autostrada Trieste-Lubiana.
Ci sono.
Sono qui.
Nessuna musica.
Nessun silenzio.
Pensieri e fumo di sigaretta.
Grotte e fantasmi del presente passato,
fiumi e ricordi dell'infanzia repressa,
colline e vento ululante rabbia.
Rabbia per le prese in giro del sistema.
Rabbia per la loro crisi.
Rabbia per la mia crisi.
Rabbia per la rivolta.
Colori vivi e contrastanti.
Sentimenti danzanti nella valle che non si arrende.
Tra dubbi e certezze di Stato
non sono più devastato.

Vado a Lubiana alla ricerca della speranza mia umana.
Ho solo 24 ore di tempo.
Ci sono.
Sono nell'ordine del tempo come chiesto dalla ribellione.
Sono nel mio tempo.
Questo è il mio tempo.
Nuoto nell'aria rivoluzionaria.
Tra bombe esplose nelle terre di conquista del capitale menefreghista dei diritti umani.
Tra lacrime di dolore nel male collettivo che ripudia ogni santo Dio.
Io amo la vita.
Io amo la vita.
Ed è per questo folle amore che vado a Lubiana.
Amore per la vita.
Edifici che richiamano Graz o Salisburgo tra arte barocca o nouveau abbracciano il mio arrivo a Lubiana.
Fiori.
Colori.
Profumi selvaggi.


Devo cercare la canoa sul fiume.
Quella canoa mi aspetta.
Cosa ci sarà mai in quella canoa?
Ma esisterà mai quella canoa?
In questo momento il dubbio nel dubbio mi conquista.
Ho sfidato la follia.
Ho sfidato la democrazia.
Ho sfidato la omologazione della ratio e della burocrazia.
Sono nella  città vecchia.
Osservo il castello di Lubiana dominante la collina che sovrasta il fiume Ljubljanica.
Costeggio  piazza Prešeren fino al ponte dei Draghi.
E' una città splendida.
Non ancora pienamente conquistata dal turismo di massa.
Ma non è questo il tempo del turismo.
Io sono qui per la canoa.
La cerco.
Caffè Romeo.
Dove sarà mai questo caffè.
Giro e raggiro i miei pensieri.
Mi fermo a fumare una sigaretta su uno dei tanti ponti che uniscono i sentimenti vivi di questa città.
Eccola.
La canoa esiste.
La canoa è lì.

Getto via la sigaretta e corro.
Corro verso quella che potrebbe essere la soluzione nella collettiva indignazione.
La gente mi osserva.
Chi suona la chitarra.
Chi mangia un gelato al limone.
Me ne frego dello sguardo altrui.
Me ne frego della omologazione.
Allungo la mano verso la canoa color rosso vivo.
Sollevo il telo.
Trovo un fogliettino.
In questo momento non penso.
Seguo il mio istinto animale.
Lo apro.
" Se stai leggendo questo foglio, caro Ettore, vuol dire che sei entrato nella nostra ribellione.
Ora è anche la tua ribellione. Recati al mercato della frutta. Incontrerari una persona vestita con una maglietta verde che vagherà per il mercato. E' lì per te. Avvicinati e allunga questo foglio al nostro compagno, lui per sapere se sei tu ti chiederà una cosa specifica alla quale non potrai che rispondere. Se non risponderai per te saranno guai."

Guai?
Ma che cazzo è una caccia al tesoro questa?
Ma mi stanno prendendo per i fondelli?
Il mercato della frutta.
E' qui vicino.
Io m'incammino.
Sono curioso di vedere se c'è una persona con la maglia verde. E cosa mai potrebbe chiedermi?
E quanto tempo aspetterà lì?
Tutta la giornata?
Resterà lì 24 ore?
Ma son proprio matti questi qui mi sa.
O forse lo sono io.
Meglio matti e felici, che seri e depressi.
E nella mia curiosa felicità vado, vado vado.
Spero di non andare a fanculo comunque.

Ecco il mercato.
Pieno di api.
Ma anche di frutta fresca.
Mi confondo tra la poca gente lì presente.
Cerco di vedere se c'è il tipo con la maglietta verde.
Non saranno mica leghisti incarogniti che mi voglion fregare?
E poi quanti oggi avranno la maglietta verde?

Sudo.
Mi tremano le mani.
Eccolo.
Eccolo.
Eccolo.

Sarà lui?
Altri non ne ho visti.
Eppure il verde è il simbolo di Lubiana.
Drago verde,a volte sorridente, a volte incazzato.
Però è l'unico oggi che vedo con la maglietta verde.


Mi avvicino lentamente.
Gli allungo il foglio.
Mi getta una occhiata a dir poco inquietante.
" Perchè il giorno dell'esame di maturità sei arrivato tardi alla prova di esame?"
" Mah come cavolo fai a sapere ciò? Come cavolo fai? Perchè dovevo ripetere matematica non sapevo nulla di matematica"
Già la maturità.
Quel giorno.
Tutti che mi aspettavano ai cancelli della scuola.
Mi cercano.
Non mi trovano.
Io nascosto a ripetere matematica.
Ho sempre odiato la matematica.
Arrivo con quaranta minuti di ritardo.
Ho saltato l'appello.
Appena mi presento ecco i prof. che mi vengono incontro.
I miei genitori che erano lì ad attendermi mi hanno fucilato con lo sguardo.
Mi hanno chiesto il motivo del ritardo.
Ho detto la verità.
Il prof. di storia è l'unico che ha capito.
Era un compagno di lotta.
Ma come fanno a sapere che io quel giorno sono arrivato tardi?
Erano in pochi a saperlo.
Ora non ho tempo di riflettere.

" Bene caro Ettore, sei tu. Domani devi andare a Venezia. Recati alla Calle Corte dei Spiriti. Troverai  alle 11.25  un libro. Il racconto dell'isola sconosciuta di Saramago. Quel libro è per te"
" Domani? a Venezia? Mah..."
" Ettore non è un gioco. Questa è la realtà che il tuo Stato vuole nascondere. Buona ribellione compagno. Hasta siempre."

Cento chilometri percorsi per dovermi recare a Venezia?
Perchè non mi hanno fatto andare direttamente a Venezia?
E' una prova?
Quanti dubbi.
Quanti dilemmi.
Non ci capisco più nulla.
Ma ora ci sono dentro.
E non posso che continuare.
Cosa è vero?
Cosa non lo è? Non so più ben dirlo.

Bye bye Lubiana.
Io vado.
Vado a Venezia.
Vado alla ricerca della verità.
Forse incontrerò la mia prigionia.
Forse incontrerò la voce del silenzio.
Forse incontrerò il non senso del dubbio.
By bye Lubiana, speranza mia umana.
Io vado.
Vado a Venezia.

Ettore Monteleone

Marco Barone

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