C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

Stanca stanca stanca

Il dubbio è fermo, ora sospeso, ora in movimento in quella piccola sfera che imprigiona il corpo e la mente,
il sogno dell'emozione il desiderio della passione.
Tanti puntini, tanti elementi diffusi a macchia di leopardo sul quel materiale composito che scivola via sulla pelle, scivola via in quel denso alito di vita intento a sfiorar il sapore aspro e l'essenza dolce del bacio della giustizia.
Dubbio di vita, dubbio nella vita, dubitar si deve ma senza subire, patire, i malanni del capitale, le dittature del Generale.
Quel Generale, venerato sull'altare della patria, avvolto dal profumo di chiesa, padrone delle vie, padrone delle strade, padrone della speranza, ma non della libertà. 
No. 
La libertà di scegliere, la libertà di andar oltre il senso non senso dell'apparenza, la libertà di osare, la libertà di dire basta, la libertà di amare, la libertà di sognare, non potrà mai esser oppressa dal velo del potere, dall'univoco volere.
La vita è un dubbio, nella vita si può scegliere, scegliere se esser parte integrante del sistema, o lottare nel sistema, scegliere se tradir la libertà per il capitale, o elemosinare il pane.
La dignità dell'uomo o donna , la dignità di andare oltre, nell'abbraccio condiviso alla ricerca del sorriso della musa attesa, trovata, amata, ed ancora attesa, non si piegherà a quella viltà, non si piegherà a quella avidità, non si piegherà alla falsa onestà, del burattinaio manovratore.
Bastan un paio di forbici, e via, zac, ecco che il filo si rompe, il vincolo si rompe, evviva l'indipendenza nel sogno dell'amore vissuto, evviva la libertà di guardar il mondo con i propri occhi, con la propria prospettiva, con il proprio esser , ovvero ho visto, posso dire di aver visto, posso dire di aver compreso, posso dire di aver capito.
Lo dirò a me stesso, lo dirò alla donna amata, lo dirò alle menti pensanti, lo dirò ai sogni dormienti, lo dirò, gridando per le vie delle campagne metropolitane che ci voglion tutti servi, che ci voglion tutti schiavi, che ci voglion tutti incatenati.
Il filo danza nel vuoto, il filo danza nel vuoto, il filo stanca,stanca, stanca, il pover uomo che crede nella bontà, che crede nella lealtà, che crede nella loro funesta onestà.

Marco Barone

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