C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

Fischia il vento.

Fischia, fischia, fischia il ribelle vento per le vie del Re Tagliamento.
Dal ciel rosso sangue della Tunisia, alle strade viaggianti di Tirana, dalle terre di Algeria, alle vie colte di Atene, dalle distese calde spagnole, ai borghi di Dublino,dalle periferie parigine,alle speranze di rivolta italiane.
Fischia, fischia, fischia il vento ribelle, in quel sistema  che decantando il proprio autoritario potere,
debellato dalla sete di giustizia sociale, e dalla fame proletaria della vecchia liberta', affondera' nell'ignoranza del loro  non esser paciere.
Palazzi isolati, palazzi assediati, dall'esercito disarmato, dal popolo determinato.
Andar contro, contro il vento ribelle, contro la danza rivoluzionaria, contro la classe operaia, contro la volonta' Gaia, altro non sara' che futile tentativo di salvar il proprio perduto io.
Banchetti imperiali, orge messianiche nel ricordo del caduto Impero Romano o della sospirata corte del Re Sole, travolge la brama di potere in tal tempo del non nostro volere.
Corti, schiavi, servi e padroni, doni pagani nel fasto del suon di arpe nel ballo dell'iniquita', ecco il buio che  trionfera' nel sorriso collettivo per la seduzione del loro Dio.

Ridi, ridi, ridi, ma fischia il vento, mio non caro potere,
fischia il vento ribelle,
e tempi duri giungeranno per noi tutti,
ma il sogno del cambiamento,
la sete per la vita,
la fame nella vita,
sazieranno e disseteranno il proletario amore,
per sventolar sulla cima del monte Liberta',
la rossa bandiera.
Fischia il vento, vento del sud, vento del nord, vento dell'est,vento dell'ovest, ora per noi, domani su di voi.

Marco Barone 

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