Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

L'uomo che leggeva il giornale



Fermo, immobile.
L'aria scorre, suoni e rumori lottano nell'arena della via dedicata a chi partendo dalla spiaggia di Quarto sbarcò in Sicilia occidentale, e conquistò l'intero Regno delle Due Sicilie, ma anche a chi si rese responsabile e complice dell'atroce strage di Bronte avvenuta nel lontano 4 agosto 1860. Quanti contadini morti, quanti civili massacrati... Via dei Mille.
Lottano suoni e rumori, nello stesso modo in cui tocchi di campana e corde di violino vibranti tra le mani del suonatore viandante cercano di giungere nella profondità del cuore della madre terra natura.
Il giornale aperto tra le sue mani, occhi persi nella infinità di quelle parole scritte e stampate in chissà quale luogo lontano o forse vicino a quell'uomo che toccava con le proprie mani semplice carta...
Carta figlia della terra dove il sole non tramonta mai, nata dalla essenza dell'albero che con i suoi mille colori riflettenti nel mite autunno lo splendore di Apollo , le cui foglie smosse dal vento tramandano nel tempo la storia ciclica polibiana del povero uomo che persevera nella propria ignoranza, ora è semplicemente divenuta memoria parlante dell'attualità vissuta.
Fermo, immobile imprigionato dalle foglie dell'albero caduto nelle ceneri della historia abbandonate nelle acque del mare ove la bottiglia di vetro in balia delle correnti emozionali della vita ,attende di essere raccolta dalle mani del fanciullo ingenuo puro che non conosce la vita, ma vive la vita.
Marco Barone

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