La celebrazione del fascismo della passeggiata di Ronchi di D'Annunzio e l'occupazione di Fiume

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Mio caro compagno, Il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Ancora una volta lo spirito domerà la carne miserabile. Riassumete l'articolo !! che pubblicherà la Gazzetta del Popolo e date intera la fine . E sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio Non sarà stato forse un fascista dichiarato, D'Annunzio, certo è che non fu mai antifascista, era lui che aspirava a diventare il duce d'Italia e la prima cosa che fece, all'atto della partenza da Ronchi per andare ad occupare Fiume, fu quella di scrivere a Mussolini, per ottenere il suo sostegno. Perchè D'Annunzio ne aveva bisogno. Il fascismo fu grato a D'Annunzio, per il suo operato,  tanto che si adoperò anche per il restauro e la sistemazione della casa dove nacque D'Annunzio e morì la madre. E alla notizia della morte, avvenuta il 1 marzo del 193

Giustizia: queste carceri somigliano sempre più a dei lazzaretti

di Fiorentina Barbieri (Difensore civico dell’Associazione Antigone)



Terra, 28 gennaio 2010



Franco Ionta, il capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, ha appena risposto che non esistono ragioni ostative per l’ingresso in carcere dei giornalisti: l’appello era della stampa (il Manifesto) e delle associazioni (Antigone), ma anche di intellettuali e giuristi che in questi giorni, a vario titolo, vanno chiedendo che i penitenziari siano aperti a visite di rappresentanti degli organi di stampa per documentarne lo stato.

Ionta sembra evidentemente entrare proprio nella logica dell’invito di Mauro Palma, che cioè a promuovere la campagna per autorizzare le visite dei giornalisti sia la stèssa amministrazione penitenziaria. Il nodo - dice Palma, presidente del Comitato europeo per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa, nonché fondatore di Antigone - è nella necessità di esprimere "una richiesta di riappropriazione sociale del problema carceri, una questione che non va lasciata agli addetti ai lavori".

Per molti è stato il caso Cucchi a cambiare la percezione di un mondo che si è sempre voluto lasciare isolato, come se le soluzioni ai suoi gravi problemi si potessero ricercare solo al suo interno e senza disturbare nessuno, fuori. Non era così, se un ragazzo è stato sottoposto a gravi violenze che nulla hanno a che fare con il suo presunto reato. Così, ora è anche quella storia che impedisce di chiudere gli occhi.

Sempre più drammatica, del resto, la situazione del sovraffollamento e anche di come per questo stiano aumentando i rischi di contagio di varie patologie, specie di quelle infettive: le statistiche denunciano infatti l’aumento di tubercolosi, Hiv, epatiti e di una vasta gamma di malattie dovute a parassiti. I valori sono sicuramente sottostimati, a giudicare dalla denuncia di vari addetti ai lavori, come il garante dei detenuti del Lazio.

E da quanto ci hanno scritto alcuni detenuti del carcere di Opera (Milano) che descrivono una cattiva gestione dei "nuovi giunti", l’area di quelli che, appena arrestati, arrivano in carcere e dovrebbero essere, oltre che sottoposti a visite mediche, accuratamente monitorati. Certamente, a fronte del fatto che negli ultimi dieci anni, per l’ingresso di molti stranieri, si sia avuta una recrudescenza di alcune patologie, più accorte e specifiche sarebbero dovute essere le direttive per la loro gestione. Così non è stato, evidentemente, se da Opera un detenuto ci chiede assistenza per ricorrere alla Corte europea per i danni riportati dall’ingresso di uno straniero che, non correttamente monitorato, ha contagiato lui e "parecchi" altri detenuti che hanno contratto la Tbc con gravi conseguenze: per lui una lunga terapia, l’interruzione dei rapporti con i familiari che non ha potuto incontrare per evitare di contagiarli, ma anche la perdita del lavoro e della possibilità di partecipare ad altre attività trattamentali.

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