C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

Ogni anno una montagna di miliardi di euro pubblici alla chiesa cattolica




Dall'8 per mille, al finanziamento delle scuole e delle università cattoliche, agli stipendi per gli insegnanti di religione, alle
esenzioni fiscali di ogni genere

Ma quanto costa ogni anno allo Stato italiano, e dunque ai contribuenti italiani, in particolare ai lavoratori dipendenti che
le tasse le pagano, la Chiesa cattolica del papa nero, Joseph Ratzinger, ricchissima e sempre più reazionaria e
invadente? Tanto, tantissimo, una montagna di soldi, miliardi di euro!

Solo dai proventi derivanti dall'8 per mille sul gettito totale dell'Irpef il Vaticano intasca una cifra attorno al miliardo di euro
(2 mila miliardi di vecchie lire). Fondi che, per stessa ammissione della CEI (Conferenza episcopale italiana), in
maggioranza vanno a finanziare il sostentamento del clero (34%) e delle "esigenze di culto" (46%) e solo il 20% è
destinato a interventi caritatevoli. Tra l'altro questo meccanismo di finanziamento, introdotto con la revisione del
Concordato del 1983 voluta dal governo Craxi, nasconde un trucco. In caso di non scelta da parte dei contribuenti, la destinazione dell' 8 per mille va in proporzione alle scelte espresse. E poiché la maggioranza (di una minoranza) opta a
favore della Chiesa cattolica questa ottiene comunque l'85% dell'intero gettito.

Un altro miliardo di euro lo Stato lo sborsa nei modi più disparati. Ad esempio nel 2004 sono stati elargiti 478 milioni di euro per lo stipendio degli insegnanti di religione, 258 milioni per i finanziamenti delle scuole e dell'università cattoliche, 25 milioni per la fornitura dei servizi idrici alla Città del Vaticano, 20 milioni per per l'Università Campus Biomedico dell'Opus
Dei, 19 milioni per l'assunzione a ruolo degli (oltre 15 mila) insegnanti di religione, 18 milioni per i buoni scuola degli studenti delle scuole cattoliche, 9 milioni per il fondo di sicurezza sociale dei dipendenti vaticani e dei loro familiari, 9
milioni per la ristrutturazione di edifici religiosi, 8 milioni per gli stipendi dei cappellani militari, 7 milioni per il fondo di
previdenza del clero, 5 milioni per l'Ospedale di Padre Pio a San Giovan Rotondo, 2 milioni per la costruzione di edifici di
culto; a cui andrebbero aggiunti i contributi dati da regioni, province e comuni.

Proseguiamo. Una buona fetta del miliardo e mezzo di euro di finanziamenti pubblici alla sanità va a istituzioni cattoliche
presenti in modo massiccio nel settore. Ma non è finita: non si devono dimenticare le mancate entrate per lo Stato dovute a esenzioni fiscali di ogni genere alla Chiesa, valutate attorno ai 6 miliardi di euro (circa 12 mila miliardi di lire).
Un'esagerazione? No, se si tiene conto che i 59.000 enti ecclesiastici posseggono 90 mila immobili, adibiti agli scopi più vari: missioni, scuole, collegi, istituti, case di cura, ospedali, ospizi, e così via. Il loro valore ammonta ad almeno 30
miliardi di euro e sono esenti dalle imposte sui fabbricati, sui terreni, sul reddito delle persone giuridiche (Irpeg), sulla
compravendita e sul valore aggiunto (Iva).

Ricapitolando e sommando: un miliardo dell'8 per mille, più un altro miliardo di contributi vari, più un altro miliardo attraverso i finanziamenti alla sanità (cattolica), più altri 6 miliardi di tasse non versate fanno 9 miliardi di euro, cioè quasi 18 mila miliardi di lire pari a un quarto della legge finanziaria 2007 del governo Prodi.

E c'è di più. Alle esenzioni fiscali statali vanno aggiunte anche quelle comunali, in testa l'Ici (Imposta comunale sugli
immobili). Imposta che gli enti ecclesiastici non pagano autocertificandosi come "non commerciali". Una truffa questa,
che la Corte di Cassazione aveva messo in chiaro con una sentenza dell'8 marzo 2004 dove tra l'altro era detto che: un centro di assistenza per bambini e anziani gestito dalle suore del Sacro Cuore dell'Aquila non poteva essere esentato
dall'imposta, avendo fatto pagare rette regolari ai suoi ospiti; e stabilito alle stesse di pagare 70 mila euro di arretrati al comune di residenza. Dato che questo principio poteva valere per i tanti casi simili esistenti, richiamando così la Chiesa a pagare il dovuto, i governi Berlusconi e Prodi sono corsi a dare una mano al Vaticano: il primo, allegando alla Finanziaria
2006 un provvedimento temporaneo di sospensione del pagamento, il secondo approvando una misura definitiva che garantisce furbescamente l'esenzione agli enti "non esclusivamente commerciali". In pratica è sufficiente che le imprese
commerciali gestite da preti e suore siano dotate di una cappella dove pregare negli intervalli per rientrare in questa singolare e truffaldina categoria.

Questi intollerabili privilegi fiscali concessi alla Chiesa cattolica impediscono ai comuni italiani di incassare un gettito valutato sui 2 miliardi e 250 milioni di euro l'anno. Non c'è alcuna esagerazione in questa valutazione una volta presa
visione dell'immenso patrimonio nelle mani del clero cattolico. Nella sola Italia si contano (nel 2003): 504 seminari, 8.779 scuole suddivise in 6.228 materne, 1.280 elementari, 1.136 secondarie e 135 universitarie o parauniversitarie. Oltre a
6.105 centri di assistenza, suddivisi in 1.853 case di cura, 1.669 centri di "difesa della vita e della famiglia", 729 orfanotrofi, 524 consultori familiari, 399 nidi d'infanzia, 136 ambulatori e dispensari e 111 ospedali, più 674 di altro
genere. Il tutto per un valore globale di alcune centinaia di miliardi di euro. Naturalmente esentasse.

Senza contare gli enormi introiti che la Chiesa ricava dalle rendite finanziarie (ossia dalla compra-vendita delle azioni in borsa) senza pagare, anche in questo caso, un solo euro all'erario.

Come mettere fine a questo sconcio? Abolendo il concordato!

da "il Bolscevico"

www.pmli.it

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